Percorsi
Professionali: Perché? Nel maggio del 2001 in San Paolo e nell'ottobre 2003 in Intesa si sottoscrivevano due fondamentali accordi su percorsi professionali e inquadramenti. Oggi dobbiamo concludere una fondamentale trattativa di armonizzazione che, partendo da questi due accordi, dovrà definire la materia per Direzione Centrale e Filiali di tutte le aziende del Gruppo Intesa Sanpaolo in Italia: credo sia utile, per chiarire l'importanza di questo confronto, riprendere le ragioni che portarono il sindacato in quegli anni, in aziende allora distinte, a rivendicare percorsi professionali e relativi inquadramenti in particolare per la Rete. E come quelle ragioni conservino oggi tutta la loro attualità alla luce della crisi finanziaria mondiale nella quale siamo piombati. Negli anni immediatamente precedenti a quegli accordi, il mondo bancario non solo viveva un tumultuoso processo di aggregazione in grandi gruppi (con relativo ricorso ai primi esodi incentivati per far fronte agli esuberi da fusione) ma trasformava altrettanto tumultuosamente il modo di “fare banca”. La diffusione di massa di strumenti finanziari come i fondi di investimento e il contributo al risultato di esercizio sempre crescente del risparmio gestito scatenarono una feroce competizione tra banche e società finanziarie con conseguente nascita dei portafogli individuali affidati a gestori di cui misurare l’efficacia come venditori con rendicontazioni quotidiane. Una ciclica bolla speculativa per anni alimentò una crescita apparentemente inarrestabile delle quotazioni azionarie e quindi del valore delle quote dei fondi (che potevano lucrare elevate commissioni perché ammortizzate dall’aumento di valore); non pochi colleghi si dimisero dalla banca per avventurarsi in gestioni di patrimoni con laute provvigioni; l’attività tradizionale di intermediazione del credito divenne secondaria, con ribaltamento delle gerarchie nelle filiali tra addetti fidi e addetti investimenti. In questo contesto nacquero i portafogli individuali, i sistemi incentivanti legati alle performance di breve periodo e i vertici delle banche scatenarono un violento attacco al salario fisso e contrattato perché giudicato inadeguato a retribuire il merito (in particolare dei venditori). Sembrava inevitabile una riduzione e un appiattimento del salario fisso, non solo frenando scatti di anzianità e automatismi, ma anche un generale abbassamento dei livelli di inquadramento da compensare con correlato aumento del salario premiante collegato alle performance dei portafogli individuali. Questa esasperazione della competizione, che portò anche a contest in cui le filiali della stessa banca erano in concorrenza tra loro, ha generato da un lato il peggioramento delle condizioni di lavoro attraverso il martellamento delle pressioni commerciali e dall’altro la crisi di fiducia nelle banche per il non sempre trasparente collocamento di oscuri prodotti finanziari a clienti spesso inconsapevoli. Oltre ai Protocolli sullo Sviluppo Sostenibile, agli Osservatori sulle pressioni commerciali, alla denuncia in volantini e convegni, il principale strumento cui è ricorso il sindacato per arginare questa deriva è stata la rivendicazione di percorsi professionali con correlati processi di formazione e adeguati livelli di inquadramento. La definizione di figure professionali che attraverso l’esperienza lavorativa maturano una capacità e una competenza professionale che viene riconosciuta con un livello di inquadramento che consolida nel tempo questo percorso è l’esatta antitesi del venditore con un basso salario base che viene retribuito con un sistema premiante sul collocato dell’anno o del contest. Nel primo caso in banca c’è la professionalità per ottenere la fidelizzazione del cliente, il perseguimento di obiettivi di lungo periodo, l’individuazione dei prodotti più adatti ai bisogni di ciascun risparmiatore o operatore economico che consentano di fronteggiare le crisi dei mercati finanziari. Nel secondo caso a momentanee impennate degli utili collegate a congiunture favorevoli delle quotazioni fanno seguito rovinosi tracolli senza difese. La scelta tra questi due modelli è quella in discussione quando contrattiamo inquadramenti e percorsi professionali. Così come non vi è nessuna analogia tra gli automatismi di carriera e i percorsi professionali. Gli automatismi determinano dinamiche retributive indistintamente valide per tutto il personale e possono favorire la fungibilità tra le diverse figure professionali. I cosiddetti automatismi veloci erano un argine alla assoluta discrezionalità aziendale nelle promozioni di merito ed agivano in una banca caratterizzata dalla diligente esecuzione dei compiti affidati. Il percorso professionale e il conseguente livello di inquadramento sono il riconoscimento della competenza professionale acquisita e l’adeguamento retributivo ad una prestazione professionale che richiede agli attuali gestori un livello di impegno, di coinvolgimento e di partecipazione attiva non comparabile con la diligente esecuzione dei tempi passati. Insieme alla altre Organizzazioni Sindacali unitarie condurremo pertanto la trattativa, non limitandoci a confrontare le differenze tra ciò che è previsto in ex Intesa o in ex San Paolo, ma con l’obiettivo di marginalizzare i sistemi incentivanti, di salvaguardare i percorsi professionali in essere e di attualizzare quelli futuri, convinti che solo una banca con più professionalità e competenza e meno campagne prodotto è in grado di superare tanto le crisi finanziarie che le crisi di fiducia dei mercati. Maurizio Zoé [Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net] |
Maurizio Zoé
Il processo di armonizzazione tra ex SanPaolo ed ex Intesa affronta in questi giorni l'organizzazione del lavoro, i percorsi professionali e gli inquadramenti.
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www.fisac.net/tasso/ - ver.2.0 n.01 - dicembre 2008 -
FISAC/CGIL Intesa SanPaolo Torino -
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