Buon compleanno, legge
300! Tra qualche giorno, la Legge 300, meglio nota come Statuto dei Lavoratori, compirà 40 anni. Il 20 maggio 1970 veniva infatti emanato lo Statuto dei Lavoratori, che entrò ufficialmente in vigore l’11 giugno successivo: i diritti fondamentali dei lavoratori dipendenti divennero finalmente oggetto di una legge dello Stato. Ma come si raggiunse
questo importante obiettivo? Ma le garanzie per i lavoratori ancora non c’erano, tanto che Giuseppe Di Vittorio già nel 1952, fu il primo a pronunciarsi per l’opportunità delle definizione di una legge quadro che riformulasse l’intera materia e lo fece parlandone proprio in termini di Statuto. Ma i passi fatti dalla legislazione sino a quel momento furono piccoli, i tentativi di organizzare i lavoratori in una rivolta unitaria e forte si moltiplicarono, ma dovranno attendere la fine del ’68 e diventare, l’anno successivo l’“autunno caldo”. In quel periodo infuocato oltre 7 milioni di lavoratori furono coinvolti nella rivendicazione dei propri diritti; ebbe una forza incredibile ed anche una durata mai vista prima: si attenuerà solo due anni dopo con la conquista dell’emanazione dello Statuto dei Lavoratori, che rappresentò una svolta storica; finalmente si misero nero su bianco garanzie molto importanti per i lavoratori, si ottennero aumenti salariali in grado di portare gli stipendi italiani al livello di quelli europei, ma soprattutto si modificò in senso democratico il rapporto di lavoro che fino a quel momento era condizionato da una legislazione arretrata. Per arrivare alla stesura della Legge 300, nel 1969 venne istituita una Commissione governativa per l’elaborazione dello “Statuto”, presieduta da Gino Giugni il quale si occupò anche della stesura del testo della legge. Il testo dello Statuto si divide in sei titoli: uno dei quali è dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, due sono dedicati alla libertà ed alle attività sindacali, uno si occupa del collocamento ed uno sulle disposizioni transitorie. Viene innanzitutto sancita la libertà di opinione del lavoratore (“…i lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa hanno diritto, nei luoghi dove lavorano, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione”); questo rappresenta il primo passo verso l’emancipazione per una classe che doveva guadagnarsi il diritto di non essere discriminata in base all’appartenenza politica, insieme alla garanzia di avere organizzazioni sindacali in grado di difenderla. Viene quindi sancito il diritto di associazione e di attività sindacale, la nullità degli atti discriminatori, e la famosa e periodicamente attaccata norma sulla reintegrazione nel posto di lavoro contenuta nell’art. 18. Questo articolo, oggi di nuovo messo in discussione dal governo, è diventato la norma base per il riconoscimento di tutti gli altri diritti dei lavoratori, dalla retribuzione sufficiente, alla parità di trattamento, contro ogni discriminazione. Gloria Pecoraro [Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net] |
Gloria Pecoraro
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Tasso
- ver.3.0 n.04 - maggio 2010 -
FISAC/CGIL
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