Ad maiora! (E alla malora!) Anche nella nostra Azienda sembra scontato ed inevitabile che accada ciò che molti analisti, studiosi e giornalisti vanno sostenendo da diverso tempo e cioè che anche e soprattutto nei momenti difficili, di crisi economica ed internazionale, nella società si contrapponga in maniera ancora più pesante ed evidente la differenza fra i pochi “fortunati” che hanno sempre di più ed i molti “sventurati” che hanno sempre di meno. In altre parole fra coloro (pochi eletti) che vanno incontro a sempre maggiori fortune (“ad maiora” appunto dal motto/augurio latino, ma in questo caso intese soprattutto come fortune finanziarie) e coloro che viceversa, in numero sempre crescente, sono destinati ad affrontare sempre maggiori difficoltà e ristrettezze (vanno cioè “alla malora”, etimologicamente verso la “mala hora” ovvero verso “cattivi, brutti momenti”). La considerazione e il ragionamento sono inconfutabili se riflettiamo a proposito degli stratosferici compensi erogati agli Amministratori ed agli alti Dirigenti dell’Azienda e poi pensiamo all'Accordo sull’occupazione siglato tra la stessa e la maggioranza delle altre Organizzazioni Sindacali, che ha introdotto anche nel nostro settore gli effetti del cosiddetto Accordo separato (rifiutato dalla CGIL) del gennaio 2009: in pratica la possibilità di derogare in pejus, cioè di peggiorare, le condizioni minime stabilite dal Contratto Nazionale di categoria e quindi rendere obsoleta e non più rispondente al vero la locuzione “minimo sindacale”, con la quale si era soliti definire un limite o un trattamento di base garantito sotto il quale scendere non era né fattibile né ipotizzabile. Invece iniziando ad analizzare quanto riportato dagli organi di stampa in merito alle erogazioni a favore dei vertici aziendali, si può vedere che solo prendendo in esame e sommando i compensi delle 4 maggiori “cariche” del nostro Gruppo si arriva per l’anno 2009 alla ragguardevole cifra di 7 milioni e mezzo di euro (più miseri 406 mila euro di “benefici non monetari”, polizze assicurative e previdenziali ed altri “benefit” non meglio identificati). Estendendo poi l’analisi agli eventuali e probabili compensi differiti, dobbiamo considerare quanto accaduto recentemente nel Gruppo Unicredit: per molto tempo gli Amministratori Delegati dei due maggiori Gruppi Bancari italiani (Intesa Sanpaolo e Unicredit) sono stati confrontati e contrapposti dai media e persino gli umoristi, abbinando i loro cognomi, avevano inventato una battuta molto conosciuta (e un po’ osè). La loro figura presentava connotazioni simili sotto molti punti di vista, ma anche alcuni aspetti particolari e caratteristici, tant’è che avremmo potuto soprannominarli “Gemelli diversi” (prendendo spunto dal nome di un noto gruppo musicale pop rap italiano). Ora, come risaputo, un “gemello” è caduto in disgrazia a causa di problemi legati a questioni di partecipazione azionaria ed è stato costretto alle dimissioni. La sua buonuscita (anzi “buonissima-uscita”, considerata la cifra concordata) è a dir poco scandalosa e ammonta a 40 milioni di euro: i soli interessi derivanti da un “vile” investimento in Bot annuali (senza voler cercare altre forme più complicate e/o rischiose) ammonterebbero a circa 1.300 euro al giorno (non al mese, proprio al giorno!). Cominciamo a prepararci al pensiero, perché quando verrà il momento del “gemello” di Intesa Sanpaolo, in considerazione anche della maggiore permanenza nella carica, potrà mai accontentarsi di un importo inferiore? E’ abbastanza incredibile che compensi di questo genere possano essere ritenuti congrui e non in contrasto con il “Codice Etico” che molti Istituti bancari si sono dati. E per noi “umili mortali” che scenario si prospetta? Le prime indiscrezioni trapelate in merito al rinnovo del CCNL ci dicono che di aumenti neanche a parlarne; al più qualche risorsa potrà eventualmente essere destinata a coprire le necessità che si sono venute a creare per alcune migliaia di colleghi esodati che, a seguito dell’intervento del Governo di riduzione delle “finestre pensionistiche” di uscita, potrebbero trovarsi con un periodo scoperto (non più coperti dall’assegno mensile erogato dal Fondo Esuberi e non ancora presi in carico dall’INPS). Per i giovani invece il panorama non è dei più allegri: la prospettiva che sembra attenderli è la diffusione ed il consolidamento del principio dei cosiddetti “salari di ingresso”: ci dicono cioè che, siccome c’è la crisi, la concorrenza internazionale, la globalizzazione, ecc., è necessario tagliare il costo del lavoro e bisogna, com’è ovvio, iniziare dal basso. Quindi poiché c’è grande “fame” di lavoro e pochissime occasioni di impiego, chi vuole lavorare deve accettare decurtazioni dei compensi (Intesa Sanpaolo ha iniziato con un 20% e potremmo scoprire fra qualche tempo che è appunto solo l’inizio, perché ci sarà sicuramente chi giocherà al rialzo introducendo “tagli” del 30% o 40%). “ça va sans dire” che tutto ciò dovrà essere accompagnato da un aumento delle forme di precariato e da una generale diminuzione dei diritti e delle tutele, seguendo il concetto (da altri sindacati purtroppo già condiviso) che “è meglio un lavoro sottopagato e mal tutelato, che nessun lavoro” (accordo Fiat di Pomigliano docet). La CGIL e la Fisac al suo interno ritengono invece che un futuro diverso è possibile e che non può essere questo il “progresso”; rispediscono al mittente le accuse di non essere moderni e di essere ancorati a “vecchie logiche” che non sono più attuabili. Insomma non si possono rincorrere condizioni di lavoro e di retribuzione in concorrenza con quelle dei Paesi emergenti ed accettare di “barattare” diritti e dignità del lavoro e della persona con una seppur misera “paga”. La redistribuzione del reddito in maniera più equa all’interno della nostra società, nonché della nostra Azienda, deve consentire di ricompensare in maniera adeguata e proporzionale chi ha maggiore impegno e responsabilità, ma senza permettere le sperequazioni e le situazioni incredibili attuali: il paradosso di chi in un giorno percepisce dai soli interessi sulla propria “liquidazione” importi superiori alla retribuzione di un intero mese di molti lavoratori; di quegli stessi lavoratori che si sono impegnati per concorrere alla produzione di quella ricchezza così ingiustamente distribuita. Moreno Grosso [Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net] |
Moreno Grosso
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Tasso - ver.3.0 n.05 -
novembre 2010 -
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