Da Gino Giugni a Maurizio Sacconi 

Poco più di un anno fa, il 5 ottobre 2009, è venuto a mancare Gino Giugno, padre della legge 300/70. Quella legge conosciuta comunemente come “Statuto dei Lavoratori”, che per la prima volta nella storia della Repubblica fissa in un’unica norma una serie organica di diritti e tutele per i lavoratori.

Ad esempio, viene riconosciuto il diritto allo studio per chi lavora, vengono dettate le regole per la Rappresentanza Sindacale, viene stabilito per le imprese con più di 15 dipendenti l’obbligo di riassumere chi fosse stato licenziato ingiustamente.

Tutto lo Statuto dei Lavoratori si basa su un assunto: il lavoratore rispetto all’azienda è la parte debole, dunque da tutelare dalla legislazione.

Purtroppo, a 40 anni di distanza, l’Italia si trova con Maurizio Sacconi al ministero del Lavoro. Il quale ritiene che il lavoratore non sia affatto debole rispetto all’azienda: sono due parti sullo stesso livello. Perché mai dunque continuare a tutelare maggiormente il dipendente?

Ahinoi, il governo sta cercando con il “collegato lavoro” – una amplissima legge che tocca moltissimi punti della legislazione – di tradurre nella pratica questo concetto, andando a limare o eliminare diritti acquisiti in decenni di battaglie.

Una delle novità che si vogliono introdurre con la legge in discussione in questi giorni alle Camere, è il cosiddetto “arbitrato secondo equità”. Viene decretato che, in caso di dissidi legali tra dipendente e imprenditore, si potrà scegliere di non recarsi davanti al giudice, ma avanti a un collegio arbitrale. Fin qui, nulla di che, se questa fosse una libera scelta.

Ma il geniale Sacconi non si accontenta di certo: il lavoratore dovrà decidere se andare dal giudice o dal collegio non al momento dell’eventuale vertenza, bensì prima. Addirittura, al momento dell’assunzione: proprio quando più è chiara la disparità di potere contrattuale tra azienda e neoassunto. Non è così difficile immaginare per una qualsiasi persona di buon senso – non però per il nostro granitico ministro – che escludersi la possibilità di ricorrere davanti al giudice sarà una condizione essenziale per tutte le future assunzioni. O firmi che non mi farai mai causa oppure non ti assumo!!!

A questo si aggiunga che il collegio arbitrale deciderà “secondo equità”, il che significa non in base alle leggi.

Nel più assoluto silenzio mediatico, lo scardinamento del diritto del lavoro è solo all’inizio.

La Fisac, la Cgil non staranno sicuramente ad assistere a ciò senza lottare. Come sempre, a fianco dei lavoratori. Come sempre, a fianco dei più deboli.

Beppe Capozzolo

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

Beppe Capozzolo
Autore di questo articolo,
è il responsabile per la
FISAC Intesa-SanPaolo
dell'Area Torino e Provincia
dei colleghi neo-assunti,
degli apprendisti, dei contratti di inserimento e a tempo determinato.
Per contattarlo: giuseppe.capozzolo@intesasanpaolo.com
 

 

 

 

 

 

 

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Tasso - ver.3.0 n.05 - novembre 2010 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits