Un circolo esclusivo La definizione di Circolo esclusivo è associata solitamente ad una immagine positiva (e tale è per i fortunati che riescono a farne parte) e dà l'idea di un'associazione prestigiosa e per pochi eletti, in cui le modalità di accesso sono particolarmente proibitive e severe. Nelle mie intenzioni invece, l'intendimento è quello manifestamente provocatorio di definire il nascente Circolo Ricreativo Aziendale di Gruppo come un'associazione elitaria e riservata solo ad una parte dei colleghi, “esclusivo” quindi perchè tende ad escludere un'altra buona parte dei colleghi: tutti quelli (e sono tanti) che abitano e lavorano in zone periferiche e decentrate rispetto alle grandi metropoli. L'ottica nella creazione e nell'organizzazione di un Circolo del Personale dovrebbe essere, dal mio punto di vista, completamente ribaltata: i dipendenti ed ex-dipendenti del Gruppo (ovunque essi si trovino) dovrebbero essere incentivati e coinvolti al massimo per favorirne l'iscrizione e la partecipazione alle attività programmate in modo da migliorare i rapporti fra i colleghi e, in una realtà composita come la nostra, per cercare di superare le divisioni legate all'appartenenza agli Istituti di origine (sempre molto difficili da dimenticare) e possibilmente per diffondere un maggior attaccamento alla nuova Azienda (o meglio al nuovo Gruppo). La discussione tra Capogruppo e Organizzazioni Sindacali (le cosiddette “Fonti Istitutive”) per la costituzione di un unico Circolo di Gruppo prosegue ormai da mesi (e probabilmente proseguirà ancora per mesi); ovviamente, e come è giusto che sia, tale argomento è passato spesso in secondo piano per poter affrontare e risolvere questioni ben più urgenti ed importanti. Ad esempio la difficoltosa e lunga trattativa che ha impegnato a lungo le parti per arrivare a far nascere il nuovo Fondo Sanitario Unico ha importanza ed effetti rilevanti per i colleghi, che non sfuggono a nessuno (e certamente nemmeno al sottoscritto): fra i due temi c’è una differenza di “peso” notevolissima, potremmo paragonarla a quella fra un topolino ed un elefante. Cionondimeno anche l'argomento Circolo ha una sua dignità ed importanza e dopo più di quattro anni dalla fusione sarebbe opportuno, secondo me, porre fine all'anomalia (o ingiustizia se preferite) esistente fra Circoli di ex-aziende riconosciuti e “sovvenzionati” dalla Banca e Circoli di ex-aziende che non hanno diritto a nessun riconoscimento o aiuto. Tornando alla trattativa in materia, da una slide risalente al 21 aprile 2010 avevo letto una generica descrizione in merito all'articolazione territoriale che mi lasciava qualche speranza: “creazione di distaccamenti regionali/cittadini in presenza di un significativo numero di soci ordinari con funzioni di organizzazione delle attività a livello locale e di proposizione delle iniziative al Consiglio Direttivo Centrale”. Sicuramente tale frase diceva tutto e non diceva niente, in quanto si sarebbe poi dovuto capire cosa vuol dire “significativo numero di soci ordinari”: Biella (dove io vivo e lavoro) piuttosto che Latina o Messina (così ho citato tre località che rappresentano le macro-aree in cui viene di norma suddivisa la nazione) avrebbero avuto la possibilità di costituire un Distaccamento in presenza di un buon numero di aderenti e di qualcuno che si prestasse a ricoprire le varie cariche elettive previste per organizzarne le attività? Avrebbero avuto il riconoscimento ufficiale e, soprattutto, una dotazione di risorse adeguata e proporzionale ai soci del loro territorio? La risposta a tali domande è arrivata nel giro di qualche mese: prima con la bozza di Statuto risalente al maggio 2010 in cui si citava solamente la possibilità di costituire Coordinamenti territoriali con il “requisito minimo di almeno xx.000 soci ordinari iscritti sul territorio di riferimento” e seguiva una tabella di sette Coordinamenti pluri-regionali (con sede a Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Roma e Napoli). Poi veniva prevista una “facoltà del Consiglio Direttivo di costituire annualmente ulteriori Coordinamenti territoriali su base regionale o in specifiche Aree metropolitane..... con almeno xx.000 soci ordinari” (cioè xx migliaia di soci!). In questo modo Biella, Latina e Messina (e così altre decine di province e città) bye-bye! In un secondo tempo, la bozza di Statuto rivista (febbraio 2011) è diventata ancora più “accentratrice” ed ha addirittura depennato la facoltà suddetta: è stato previsto un “requisito di almeno 2.500 soci ordinari iscritti in servizio sul territorio di riferimento” esclusivamente per i sette Coordinamenti pluri-regionali anzidetti. E' evidente quindi la volontà di preservare tutte le facoltà e disponibilità a favore dei nuclei più importanti e numerosi, e di non concedere alcunchè alle realtà più piccole e decentrate. Non è previsto nessun tipo di articolazione e di ripartizione delle risorse che consenta anche ai centri minori di organizzarsi: non potrebbero certo ambire di avere a loro disposizione un Centro sportivo e ricreativo come avviene per i “grandi Circoli”, ma magari potrebbero programmare la loro gita o gara di bowling piuttosto che di tennistavolo. Niente di tutto ciò! Considerato il cospicuo numero di colleghi che fanno capo ai “grandi Circoli” dove possono essere costituite Sezioni che vanno dagli appassionati di briscola a quelli di parapendio, dagli amanti di cori tibetani ai cultori dell'Origami si può obiettare che, se veramente interessati (astenersi perditempo), è magari possibile partecipare alle attività del Circolo più vicino (nel caso di Biella non sono poi nemmeno cento chilometri!): è vero, ma bisogna possedere forti motivazioni, probabilmente superiori a quelle di gran parte di noi “periferici”. Nella mia esperienza lavorativa mi è capitato, ormai più di vent'anni fa, di partecipare (seppur neoassunto) alla riunione di costituzione del Circolo del Personale zonale della mia Azienda “di origine” (eviterò di citarla per escludere qualsiasi deprecabile discussione e contrapposizione fra “ex”) ed in seguito di ricoprire diverse cariche all'interno dell'associazione. Per oltre dodici anni, il Circolo organizzò una miriade di seguitissime iniziative turistiche, culturali e sportive: poi lentamente l'attività si ridusse fino a spegnersi del tutto, soprattutto a causa della progressiva e drastica riduzione delle contribuzioni da parte della Banca. Nell'ultimo anno di attività (1998) l'elargizione (mi sembrerebbe ingeneroso arrivare a definirla “elemosina”) aziendale si attestò a meno di diecimila lire (circa 5 euro attuali) per dipendente per tutta l'attività sociale annua programmata: era obiettivamente difficile, sommando le diecimila lire di quota individuale di iscrizione annua, riuscire ad organizzare una serie di iniziative. Mi è stato detto da colleghi che in un'altra azienda del Gruppo (non citerò nemmeno questa, vedi sopra) esiste la possibilità di organizzare qualche iniziativa e di inoltrare richiesta al Circolo grande di riferimento “con portafoglio” (come succede fra i Ministri), confidando in un magnanimo accoglimento e in una conseguente benevola erogazione di risorse. Poi nella pratica, non avendo cognizione della disponibilità e sufficiente certezza del contributo non è possibile predisporre una sorta di bilancio di previsione e pianificare un calendario di iniziative; inoltre vengono stabilite centralmente delle “soglie” di partecipazione (es. 25 soci) che, se magari a Torino o a Milano si raggiungono probabilmente all'interno di un singolo ufficio, in realtà più piccole e decentrate diventano degli ostacoli “inappellabili” ed insormontabili per poter organizzare qualsiasi attività. Conseguentemente l'attività langue, gli eventi organizzati sono sporadici e modesti e il Circolo grande di riferimento “ringrazia”. In un articolo della bozza di Statuto in cui si parla dei Soci (diritti e doveri) vengono elencate una serie di norme e viene prevista, quale sanzione massima, l'esclusione “in caso di comportamento dei Soci non conforme alle norme statutarie o ai principi di correttezza richiesti ai Soci dell'Associazione”. Mi viene da sorridere amaramente pensando che io e forse migliaia di altri colleghi saremmo, se confermata questa impostazione, esclusi a priori (o “a prescindere” come direbbe Totò) senza aver commesso alcuna irregolarità e pur avendo tutto l'interesse e il desiderio di partecipare a questa forma di “benefit aziendale”. Spero ovviamente di sbagliarmi di grosso e di venire in tempi rapidi smentito dai fatti. Moreno Grosso [Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net] |
Moreno Grosso
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Tasso
- ver.3.0 n.08 - giugno 2011 -
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