Prezzi e qualità In una feroce striscia in tre riquadri di Dilbert, disegnata da Scott Adams nel 2007, nella prima vignetta il personaggio del capo dice, rivolto ai suoi collaboratori seduti intorno a un tavolo: <<Sul prezzo non possiamo competere.>> Nella seconda vignetta: <<Sulla qualità e sul servizio nemmeno.>> Sorprende che la banca abbia sentito la necessità di sviluppare un ufficio votato alla formazione del prezzo solo in questo scorcio di 2011. Dovrebbe essere la prima preoccupazione di un'impresa industriale o di servizi. Le teorie sulla formazione del prezzo sono un mondo affascinante come pure interessantissima è la gestione della tesoreria di una banca: la conciliazione dei flussi di entrata e di uscita, la remunerazione della raccolta, i parametri di riferimento degli impieghi. Il fatto che per il periodo di due mesi in alcune aree siano state sospese le autonomie delegate solleva alcune domande. La prima è chiedersi se i preposti hanno ricevuto la necessaria preparazione per la gestione del prezzo. Ma porsi un tale interrogativo implica domandarsi quale preparazione abbiano avuto nella complessiva valutazione dei rischi. Bruciare le tappe per colmare i buchi creati dagli esodi ha forse prodotto dei danni? Siamo di fronte ad una gestione non oculata? La temporanea sospensione delle autonomie sarà sufficiente per risolvere la questione? Un’indagine interna fatta nel 2010 e presentata in alcune riunioni plenarie dimostrerebbe che lo strumento del prezzo è poco conosciuto e mal applicato. Non basta essere dei fedeli esecutori delle direttive per essere dei buoni responsabili. Chi ha lavorato in una delle innumerevoli banche che si sono fuse nel Gruppo conosce che si comincia a parlare di qualità quando non si sa più da che parte girarsi. Venticinque anni fa circa qualcuno si inventò la “qualità totale” come obiettivo e come metodo di lavoro presto scimmiottato dagli esperti di organizzazione del lavoro sparsi per i cinque continenti. La materia ha evidentemente fatto progressi: oggi ci siamo inventati i parametri (che però si devono chiamare kpi) e ci si chiede se si è ok o no. La striscia di Dilbert è in tre riquadri. La battuta finale è: <<Rimane la frode, che mi piacerebbe chiamaste marketing.>> Fortunatamente, nel Gruppo, lo sviluppo del marketing è ancora a livelli accettabili.
Giuseppe Tacchella giuseppe.tacchella@intesasanpaolo.com
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Tasso - ver.3.0 n.09 -
luglio 2011 -
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