Una storia a lieto fine,
almeno per ora Nel paese dei Balocchi, c’è una bella regione circondata dai monti. In questa amena regione, giunse un giorno, in un modo che destò qualche sospetto e che nessuno chiarì completamente, un nuovo e giovane Governatore, occupato essenzialmente ad apparire in qualsiasi trasmissione televisiva o insieme al suo amico Senatore, piuttosto che cercare di risolvere i grandi problemi presenti nel suo territorio. Eppure, ancora prima del suo arrivo, disse che avrebbe fatto tutto il possibile per contrastare quello che lui considerava il problema principale dell’intero stato: avrebbe combattuto con tutti gli strumenti la famigerata legge voluta dalle donne sull’interruzione volontaria della gravidanza, la legge 194. Ed infatti, prima ancora di salire al potere dichiarò: “… farò quanto in mio potere per fermarla, sono per la difesa della vita io. Per prima cosa chiedo ai direttori generali di bloccare l’impiego della RU486 (la pillola che consente l’interruzione volontaria della gravidanza, senza ricorre ad un intervento chirurgico, ndr)…” “cercherò di tenere in magazzino le pillole abortive arrivate in Piemonte”; “… chiederò che in tutte le strutture sanitarie piemontesi siano ospitate le associazioni Pro Vita”. Fu così che, agli occhi di molte persone, si trasformò in Imperatore. E in effetti, una volta eletto, fece quello che aveva enunciato : nell’autunno, la Giunta Regionale, a firma dell’Assesora alla Sanità che poco dopo fu indagata per lo scandalo sanitario sui pannoloni, approvò un atto amministrativo (che quindi non fu soggetto a nessuna discussione nel Consiglio Regionale) secondo il quale nei consultori ci sarebbe sempre stata la presenza di volontari di quelle associazioni che avrebbero stipulato delle convenzioni con le strutture pubbliche. Praticamente, le motivazioni delle donne che avrebbero chiesto di interrompere una gravidanza, sarebbero stata esaminate a livello psicologico, sociale, educativo ed economico, anche da questi volontari, il cui intervento e formazione sarebbe stato finanziato dalla Regione (ovvero con soldi pubblici), senza che questi attivisti fossero vincolati al segreto professionale in quanto non appartenenti al personale medico. L’unico ente di volontariato ammesso fu il Movimento per la Vita. Questo movimento nacque a Firenze nel 1975 con lo scopo di contrastare il fenomeno dell’aborto, all’epoca clandestino, e di impedire e contrastare qualsiasi normativa volta a regolamentare l’interruzione volontaria di gravidanza. Gli attivisti di questo movimento attualmente sono conosciuti per la raccolta di firme contro la legge 194, per volantinaggi molto invasivi all’entrata dell’ospedale Sant’Anna, o altri presidi, dove spesso improvvisano momenti di preghiera davanti all’entrata di questi luoghi in cui vengono effettuate le interruzioni di gravidanza. La reazione delle donne non si fece attendere: nonostante l’assordante silenzio da parte dell’opinione pubblica, furono organizzati incontri con l’intento di promuovere l’informazione e di contrastare la delibera regionale. Il 30 novembre ci fu un’assemblea pubblica in cui parteciparono le differenti realtà sociali. La decisione principale che fu presa in quest’occasione fu quella di presentare un ricorso presso il TAR, sostenendo come il provvedimento della Giunta fosse illegittimo e fortemente lesivo dei diritti, della dignità e dell’autodeterminazione delle donne; di come la decisione della Regione si ponesse in violazione di diverse leggi nazionali (la legge 194 in primis) e regionali e della stessa Costituzione Italiana. Si arrivò così all’8 giugno, giorno in cui le parti vennero convocate dal Tribunale Amministrativo Regionale. Il dibattito che si svolse in questa occasione fu incentrato sugli aspetti di illegittimità della delibera impugnata; le avvocate delle associazioni femministe che presentarono il ricorso (Casa delle Donne e Activa Donna, con il sostegno delle donne CGIL) risposero con determinazione e chiarezza alle tante domande di natura giuridica che vennero rivolte loro dal Tribunale. Dall’altra parte, sia la Regione che il Movimento per la Vita, portarono esclusivamente argomentazioni dal contenuto ideologico. A questo punto vi chiederete come è andata a finire, cosa avrà deciso il TAR? Il 15 luglio è stata
resa nota la decisione del Tribunale: la sentenza accoglie il ricorso
promosso dalla Case delle Donne di Torino, annullando quindi il
Protocollo della Giunta Regionale nella parte in cui si prevedeva la
possibilità di ammissione unicamente alle associazioni che possedevano
nel proprio statuto il requisito della “difesa della vita fin dal
concepimento”, in quanto in violazione con la legge 194 e con la
Costituzione. La storia è così finita? A sentire la reazione
dell’assessore Elena Maccanti si direbbe di no in quanto parrebbero
decisi a ripresentare la delibera. Gloria Pecoraro [Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net] |
Gloria Pecoraro
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Tasso
- ver.3.0 n.09 - luglio 2010 -
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