Cota e le donne Terza puntata Riassunto delle puntate precedenti Nell'autunno del 2010 la neo eletta Giunta piemontese presieduta da Cota, approvava un atto amministrativo – e quindi non discusso dal Consiglio Regionale – che prevedeva l'adozione di un protocollo che consentiva l'ingresso nei consultori pubblici, solamente ai volontari delle associazioni “pro vita”. Alcune associazioni femministe (prima delle quali la “Casa delle Donne di Torino”) reagirono presentando un ricorso presso il Tribunale Amministrativo Regionale contro l'introduzione di questo provvedimento. La successiva sentenza del TAR accoglieva, seppure parzialmente, il ricorso presentato dalle associazioni femministe, ma, solamente tre giorni dopo il pronunciamento del Tribunale, la Giunta aveva pronto un nuovo atto che modificava ed integrava il requisito oggetto del ricorso, in questo modo nuovamente i consultori si aprivano al privato sociale cattolico. La risposta della Casa delle Donne e di alcune giovani ragazze non si fece attendere: presentarono un nuovo ricorso al TAR contro le decisioni della Giunta regionale. Nuova puntata Il 10 febbraio 2012 è stata resa nota la nuova sentenza del Tribunale: in modo del tutto inaspettato il ricorso è stato bocciato, con motivazioni che, a nostro giudizio hanno dell'incredibile. In effetti il TAR si è limitato a valutare se le ricorrenti (associazioni e singole donne) avessero la titolarità, ovvero il diritto, a presentare il ricorso. Ebbene, secondo questa sentenza la Casa delle Donne, che ricordiamo essere un'associazione che da più di 30 anni si occupa della tutela delle donne e della loro salute, non avrebbe un interesse diretto e per questo motivo il ricorso presentato è stato respinto. Per quanto riguarda le singole donne che, affiancando la Casa, avevano presentato anch'esse il ricorso, nonostante fossero tutte giovani ed in età fertile, non trovandosi nella condizione di aspettare un bambino, non sarebbero neanche loro portatrici di un interesse diretto e pertanto anche il loro ricorso è stato giudicato inaccettabile. Ma allora, quale “categoria” di donne sarebbe titolata a ricorrere contro questo atto? Evidentemente, secondo questa sentenza, solamente le donne attualmente gravide; si toglie così a tutte, indipendentemente dalla propria condizione personale contingente, anche la possibilità di difendere la legge 194 ed i consultori pubblici. L'obiettivo di tutte coloro che si sono battute in questa occasione, non è quello di permettere l'ingresso nei consultori anche ad altre associazioni diverse per scopi e finalità dal “Movimento per la vita” (come l'associazione che ha presentato il ricorso), ma quello di garantire la giusta serenità ed appoggio alla donna in un momento delicato della propria vita, indipendentemente dalla decisione che prenderà. Nei consultori, tutte le professionalità presenti sono sicuramente in grado di sostenere ed informare adeguatamente ogni donna. Semmai ci sarebbe bisogno di un potenziamento dei servizi prestati. Con questo atto amministrativo, invece, si ha la netta sensazione che si vada verso lo smantellamento ed abolizione della legge 194 (quella che regola l'interruzione volontaria di gravidanza). Ma le brutte notizie non si fermano qui: immediatamente dopo la sentenza del Tar, la Giunta Regionale, in Commissione Bilancio, ha presentato un emendamento per lo stanziamento di denaro per la costituzione di un fondo regionale che eroghi un contributo di 250€ mensili (limitato nel tempo) alle donne incinte che, dimostrando di essere in difficoltà economiche, sottoscrivano una dichiarazione con la quale si impegnano a non interrompere la gravidanza. Come se tutto ciò non bastasse esiste anche una proposta di legge regionale, la 160, che prevede l'istituzione dei consultori familiari con la conseguente e definitiva distruzione dei consultori pubblici. Questa legge, che deve ancora essere discussa, con l'istituzione di questo fondo è praticamente già approvata per quanto riguarda l'aspetto economico. E' sconfortante notare come si riescano a reperire in gran fretta le risorse economiche per l'istituzione di questo fondo, mentre per un'altra legge regionale (la nr 16) sui Centri Antiviolenza e Case Rifugio, già approvata da anni, non si sia ancora trovata alcuna copertura finanziaria. E poi ancora più avvilente pensare come in trent'anni non si siano fatti passi avanti: siamo ancora costrette a difendere l'autodeterminazione delle donne. Se anche voi pensate che ciò che sta accadendo in Piemonte sia molto grave, invitiamo tutti, uomini e donne a sostenere tutte le iniziative che verranno promosse. Noi vi aggiorneremo puntualmente. La storia continua... Gloria Pecoraro
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Gloria Pecoraro
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Tasso - ver.3.0 n.12 -
marzo 2012 -
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