Cancelliamo le dimissioni in bianco 

Come è ben noto, in questo periodo Governo e parti sociali si incontrano, discutono per cercare di trovare un accordo condiviso per riformare il mercato del lavoro. Questa potrebbe essere un'ottima opportunità per risolvere il problema, o meglio la vergogna delle dimissioni in bianco. Con questo termine, ci si riferisce alla diffusissima ed illegale pratica che di fatto obbliga i neo assunti a firmare, contestualmente al contratto di lavoro, una lettera di dimissioni priva di data. In questo modo il datore di lavoro, senza corrispondere alcuna indennità e per qualunque motivo allontana i dipendenti, quando lo ritiene più opportuno. E' evidente il grande intento ricattatorio: all'atto dell'assunzione si firma un pezzo di carta senza data che consente al datore di lavoro il licenziamento, facendo passare il tutto sotto le mentite spoglie della scelta individuale. Tra le altre cose, ciò implica l'impossibilità di poter richiedere l'indennità di disoccupazione. Praticamente, per poter lavorare, si chiede di rinunciare a diritti e libertà fondamentali. Questa pratica è ampiamente adottata e a farne le spese, ancora una volta, sono soprattutto i giovani, in particolare le giovani donne: si stima che nel periodo 2008 – 2009 siano state ben 800.000 le donne coinvolte dal fenomeno delle dimissioni in bianco. Nella maggior parte dei casi, la cessazione del rapporto di lavoro, avviene al momento di una gravidanza; la maternità viene quindi vista come una causa di impedimento di produttività e quindi motivo per l'interruzione del rapporto di lavoro. Per frenare questa pratica barbara, il Parlamento aveva approvato nel 2007,  la legge 188 che imponeva l'obbligo di redigere le dimissioni su un apposito modulo informatico, predisposto e reso disponibile da uffici autorizzati, e con una durata limitata di 15 giorni. Il mancato rispetto della forma prescritta o l'uso di un modello scaduto, comportava la nullità delle dimissioni. Una legge giusta, quindi, semplice (era composta da un solo articolo) e senza costi che fu votata con il consenso di tutte le parlamentari donne sia del centro sinistra che del centro destra. Purtroppo, però, questa legge ha avuto una vita brevissima: nel giugno del 2008, il nuovo Governo Berlusconi l'ha abrogata tramite un decreto legge; questo è stato il primo atto di quell'esecutivo. La cancellazione della legge ha così comportato un regresso alla situazione precedente: le dimissioni in bianco sono nuovamente diventate una prassi consolidata. Successivamente sono state presentate in Parlamento alcune proposte di legge per definire norme contro le dimissioni in bianco, ma non sono mai state discusse. Alla luce di tutto ciò, ritenendo non più rimandabile la soluzione di questo problema, un gruppo di 14 donne ha presentato nei giorni scorsi un appello al Governo  per avere subito una risposta concreta, un gesto di civiltà: 188 donne che rappresentano tutte le categorie hanno firmato la lettera appello indirizzata, oltre al Governo, anche alle più alte cariche dello Stato per riavere la legge 188, uno strumento reale per prevenire e contrastare questo abuso. In un momento di profonda crisi, come quello che stiamo vivendo, dove vengono chiesti sacrifici alle donne e agli uomini di questo paese, sarebbe un bel segnale di discontinuità se potessimo festeggiare l'8 marzo con l'annuncio da parte di Monti e Fornero del ripristino della legge 188. Perché è così difficile ottenerlo?

Gloria Pecoraro

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

Gloria Pecoraro
Coordinatrice dell'Area Torino e Provincia
gloria.pecoraro@intesasanpaolo.com


 

 

 

 



 

 

 

 

 

Tasso - ver.3.0 n.12 - marzo 2012 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits