Analisi tecnica in tema di taglio costi 

E’ una questione di parole…mi dicono che la banca per la quale lavoro sia la Banca del Paese e considerando che l’Italia è un paese senza ombra di dubbio in crisi, non mi aspetto che non lo sia anche questa banca.

Cosa succede dunque? Succede che la crisi economica mondiale, europea, nazionale che dura ormai da oltre 5 anni non morde più… SBRANA !

Giusto per dare una “dimensione” al problema, basti ricordare che in Italia nei primi 10 mesi del 2012, stando ai dati pubblicati dalla CGIL nazionale, il ricorso alla CIG ha fatto registrare un +9% rispetto al 2001. I settori in cui si registra il più alto numero di ricorsi alla CIG, sono la meccanica e il commercio, seguiti subito dopo dall’artigianato; a ciò dobbiamo aggiungere una disoccupazione giovanile che si è attestata nel secondo trimestre del 2012, al 33,9% !

Ed è con questi numeri che facciamo i conti... con numeri che ci parlano di una decrescita (non felice) del nostro paese e della nostra economia….di una stagnazione delle capacità produttive che, purtroppo, coinvolge anche il nostro settore. E ritengo del tutto superfluo ricordare come la sciagurata riforma Fornero sul sistema previdenziale prima e sull’articolato del lavoro poi, non ci aiuta, anzi, ha fortemente accelerato la frantumazione di quel “ponte virtuale” che dovrebbe collegare i lavoratori over ai giovani, così da incrementare l’occupazione.

Ed è in questo contesto che nel giugno scorso Intesa Sanpaolo ha preso la decisione unilaterale di disdettare, alla loro scadenza, gli accordi di armonizzazione (per intenderci, il CIA dei lavoratori del Gruppo), dichiarando palesemente uno stato di “tensione occupazionale” attraverso il richiamo ai contenuti dell’art. 18 del CCNL recentemente siglato. Quindi, Intesa Sanpaolo ha dichiarato esplicitamente di voler utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione – l’art. 18 del CCNL appunto – per far fronte alla difficile situazione economica dei propri conti; in sostanza, bisognava procedere con un taglio dei costi che nell’immediato voleva dire ridurre il costo del lavoro.  Nell’ articolo in questione è detto chiaramente che le aziende “prima di ricorrere all’applicazione della 223 (23/7/91), in presenza di tensioni occupazionali, anche conseguenti a processi di ristrutturazione e/o riorganizzazione che possano prefigurare ricadute negative sui livelli occupazionali, forniscono alle OOSS una specifica comunicazione concernente motivazioni e obiettivi delle misure che intenderebbero adottare. In particolare, al secondo comma, il CCNL suggerisce gli strumenti da utilizzare, prioritariamente, e che sono:

  • Ricorso al fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e   della riqualificazione professionale;

  • Interventi sul premio di rendimento individuale;

  • Incentivazione all’esodo volontario;

  • Ricorso ai contratti PT;

  • Contenimento del lavoro straordinario;

  • Contenimento delle assunzioni;

  • Ricorso ai contratti di solidarietà (espansiva e difensiva);

  • Ricorso al lavoro ripartito;

  • Ricorso alla mobilità interna;

  • Attribuzione a mansioni diverse in deroga all’art. 2103 del Codice Civile;

  • Riqualificazione dei lavoratori.

Le richieste dell’azienda, se ricordate, sono state molto forti. Abbiamo risposto con forza a questo attacco con lo sciopero del 2 luglio che ha visto una partecipazione massiva delle lavoratrici e dei lavoratori di questo Gruppo. Per tutta risposta, abbiamo ottenuto un inasprimento della posizione aziendale che a partire dal mese di settembre ha cominciato a licenziare i colleghi con contratto di apprendistato in scadenza e i colleghi con i contratti di inserimento in scadenza, nonché con la riduzione dell’ importo dei buoni pasto a quanto previsto dal CCNL (sospendendolo del tutto ai colleghi in PT).  E questi sono fatti…fatti veri!

Le evoluzioni successive che hanno portato poi alla firma del “Protocollo Occupazione e Produttività” sono ormai note.

Quello che vorrei fare adesso è focalizzare l’attenzione su alcuni passaggi contenuti nel Protocollo e che ritengo di elevata importanza non solo perché fondamentali per il raggiungimento di due obiettivi cruciali ( ridurre le ore lavorate da parte del personale e diminuire, conseguentemente, il costo del lavoro), ma anche perché oggetto di grande confusione fra i colleghi; cerchiamo dunque di fare chiarezza.

Con l’introduzione delle 4, 5 e 6 giornate di riduzione/sospensione dell’attività nel prossimo triennio, viene per la prima volta introdotta nella nostra azienda ( e questo dobbiamo dircelo chiaramente) una forma di solidarietà difensiva forte. Il perché di questa scelta è lampante: a tutti i lavoratori di questa banca viene chiesto di rinunciare a parte della retribuzione di una giornata lavorativa l’anno (retribuzione in parte integrata dalla prestazione ordinaria del Fondo di Solidarietà) per garantire, a tutti, il mantenimento del proprio posto di lavoro. La nostra categoria ha già intrapreso questa via introducendo, nel CCNL 2012, la costituzione del fondo per l’occupazione.  Possiamo anche affermare con certezza che siamo di fronte all’utilizzo del “fondo esuberi”, non più come strumento di accompagnamento alla pensione per ridurre le eccedenze di personale, ma come mezzo per sostenere l’occupazione in essere. Nella stessa direzione si muove la norma relativa alla fruizione delle ferie arretrate e dell’anno di competenza, nonché delle ex-festività.

Altro elemento su cui ritengo sia necessario fare chiarezza è quello relativo alla mobilità professionale (demansionamento). Nell'accordo del 29/7/2011 avevamo previsto, in caso di chiusura/ridimensionamento di strutture, che i lavoratori coinvolti  potevano godere delle tutele chilometriche (ma in tal caso potevano essere demansionati ai sensi dell'art. 18 del CCNL) o potevano essere trasferiti senza limite di distanza per avere la garanzia del mantenimento delle propria mansione. Su questo tema, l'accordo del 19 ottobre conferma quello del 29/7/2011, che già derogava all’art. 2103 del Codice Civile, come previsto dall’art 18 del CCNL. In sostanza, vi è piena coerenza fra CCNL, accordo 29/7/2011  e accordo 19/10/2012.

Il demansionamento, è da considerarsi come “deroga volontaria” al codice civile nel senso che, se per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive (e ad esempio la chiusura di un punto operativo) l’azienda ha necessità di trasferire fisicamente un lavoratore, quest’ultimo ha la facoltà di scegliere se rinunciare al demansionamento trasferendosi senza la tutela della mobilità territoriale o di svolgere altra mansione  (come ruolo, non come inquadramento o stipendio), nel luogo di lavoro più prossimo alla propria residenza anagrafica.  A tal proposito è utile ricordare che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 23926 del 25 novembre 2010, ha definito le condizioni per un demansionamento legittimo. E’ noto che, ove sia impossibile ricondurre l’attività del lavoratore alle stesse mansioni o ad altre equivalenti a quelle per le quali era stato assunto, il lavoratore potrà essere adibito anche a mansioni inferiori.

La Suprema Corte ha ritenuto legittimo il demansionamento attuato, avendo accertato che questa  era l’unica alternativa al licenziamento.” In sostanza, quindi, se l’azienda è in grado di dimostrare che “per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” non ci siano alternative al demansionamento questo è legittimo e la Corte di Cassazione ha avallato questa interpretazione.

Parliamo adesso di occupazione. Per quanto concerne l’allungamento dell’orario di filiale è palesemente dichiarato l’intento e, cioè, quello di impiegare i colleghi che ad oggi operano nelle filiali oggetto di futura chiusura e razionalizzazione. Inoltre, con questo Protocollo, si sono salvati circa 1300 posti di lavoro in bilico, e parliamo dei colleghi apprendisti e con contratti di inserimento. Certo, dobbiamo essere molto chiari: non vi è alcuna creazione di “nuova” occupazione ma il mantenimento dei rapporti di lavoro già in essere in azienda. E qui tocchiamo la dolente nota dei colleghi con contratto a tempo determinato che in virtù di quanto riportato nel Protocollo in oggetto, che caduca la norma presente nell’accordo 29 luglio 2011, non verranno al momento assunti dalla banca. A tal proposito mi pongo due domande; la prima: ma siamo certi che data la situazione che stiamo vivendo la banca avrebbe proceduto con quelle assunzioni?

La seconda:potevamo salvare tutti (apprendisti, inserimenti, TD, “pensionabili”)?

La mia risposta è unica ad entrambe le domande: realisticamente no!

Ma credo fortemente che i tempi determinati e i futuri esuberi di categoria (ad oggi stimati in 35000 unità) saranno i soggetti interessati della nostra futura azione per la salvaguardia e per la creazione dell’occupazione in questa banca.

Ulteriori approfondimenti sul contenuto del Protocollo verranno a breve svolti nelle assemblee delle lavoratrici  dei lavoratori di questo Gruppo; a tal proposito credo rilevante chiarire che  il voto in assemblea sarà vincolante. L'accordo ha una valenza immediata per consentire tecnicamente le riassunzioni dei licenziati e la decorrenza delle normative dal primo momento utile. Ovviamente, in caso di esito negativo della consultazione, l'applicazione delle relative normative potrà essere interrotta altrettanto immediatamente.

Ritengo che con questo accordo si sia fatto quadrato intorno ai lavoratori di questo Gruppo, portando a casa dei risultati che non erano per nulla scontati alla riapertura delle trattative; non dimentichiamoci infatti il ripristino quasi complessivo degli accordi di armonizzazione che ricordiamo essere stati disdettati unilateralmente dall’azienda a far data 1 luglio 2012.

Giovanni Fedele

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

 
 

Giovanni Fedele
RSA di SGS Moncalieri.
giovanni.fedele@intesasanpaolo.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Tasso - ver.3.0 n.14 - novembre 2012 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits