De-pressioni commerciali
La percezione è l’atto con cui si acquisisce la consapevolezza e la conoscenza di una realtà esterna mediante i sensi. Insomma un’operazione automatica, istintiva che ha poco a che fare con l’intelletto. Raccontare una percezione è davvero complicato, vi assicuro, ma proviamoci partendo alla lontana…
Il 7 ottobre 2015 le organizzazioni sindacali e l’azienda firmano fra gli altri un accordo che ha per titolo “politiche commerciali e clima aziendale”. Alcuni passaggi dell’accordo, così, tanto per rinfrescarci la memoria: le Parti si impegnano a individuare “… opportune iniziative di miglioramento e di sensibilizzazione che coniughino l’impegno al raggiungimento di risultati con la costante diffusione di corretti comportamenti nello svolgimento di tutte le attività, in linea con quanto previsto dal Codice Etico…” e ancora: “…la definizione degli obiettivi deve avvenire ponendo la massima attenzione a favorire la comprensione e la condivisione dei medesimi, attraverso azioni di affiancamento e supporto nonché la predisposizione di strumenti idonei…” e anche: “…Gli obiettivi, che devono essere comunicati in modo chiaro e tempestivo, sono definiti anche tenendo conto degli aspetti qualitativi relativi alla soddisfazione della clientela, al suo mantenimento e sviluppo e in considerazione delle peculiarità del mercato e della territorialità delle unità operative … Il perseguimento del budget e degli obiettivi assegnati dovrà avvenire valorizzando la collaborazione tra colleghi e il consolidamento dello spirito di squadra, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi stessi in una logica di gruppo e di miglioramento della qualità del rapporto con la clientela interna/esterna…”
Naturalmente c’è molto altro, ma le parti che mi appassionano di più sono proprio queste, quelle più difficili da escutere, quelle che partono da principi, che sono il frutto di un lavoro di ampio respiro e di enorme portata sociale…
Io giro molto, il più possibile. L’anno scorso le pressioni commerciali erano l’argomento più sentito fra i colleghi, ma i risultati hanno dato ragione all’azienda per come la vedo io. Quest’anno invece siamo alle de-pressioni commerciali, una percezione, il cui titolo mi è stato suggerito da una collega, una sensazione, un’evoluzione delle pressioni, l’acquisizione di una consapevolezza.
Ora partiamo da qualche considerazione, i tassi a zero determinano il fatto che gli utili delle banche derivano sostanzialmente dal commissionale. La trasformazione da azienda di servizi ad azienda commerciale è quindi inevitabile. Le assunzioni, quelle massicce, latitano da qualche anno, colpa della Fornero, certo, ma tant’è. E quindi trasformare il proprio modo di lavorare, anzi trasformare se stessi dopo vent’anni in cui i clienti erano utenti, non è semplice. Siamo ormai negozi, ma negozi che quasi sempre devono instillare nel cliente un bisogno, e non gestirlo.
I risultati dello scorso anno sono stati eccezionali, in qualche modo agevolati da fattori non pianificabili, come ad esempio dall’andamento dei mercati.
Quest’anno è iniziato in maniera diversa, è iniziato con mercati più complicati, che magari possono anche essere un’opportunità, ma per ora il lavoro dei colleghi è soprattutto quello di tenuta, di rassicurazione, di educazione.
È quindi evidente che “l’impegno al raggiungimento di risultati con la costante diffusione di corretti comportamenti nello svolgimento di tutte le attività, in linea con quanto previsto dal Codice Etico” diventa indispensabile.
Ultimamente sento solo colleghi che non vogliono più fare i consulenti, che addirittura non vogliono più fare i direttori e che corrono a compilare on-air con la speranza di poter uscire dalla rete, tentando in ogni modo di raggiungere il nirvana della sede centrale. Da più parti sento dire che i bancari sono troppi, ma in filiale si parla invece di come coprire i turni e le ferie. E allora il disallineamento fra realtà e percezione è sempre più marcato. Il futuro è visto come distopico e genera mostri, come la depressione. In passato ho scritto che dare obbiettivi certi e raggiungibili è uno degli ingredienti essenziali per agevolare il raggiungimento dei risultati. Al contrario se già ad inizio anno ci si rende conto che i risultati richiesti sono irraggiungibili potrei determinare l’effetto contrario: se tanto so già che il budget è impossibile da raggiungere perché dovrei dannarmi l’anima per provarci? E allora occhio, perché dopo un anno di pressioni i colleghi iniziano a dirsi che forse non ne vale la pena… Mia cara azienda, io spero che i risultati vengano raggiunti, faccio il sindacalista e spero che la nostra azienda continui a parlare di esuberi solo come persone da ricollocare in altri ruoli e non da lasciare a casa, ma ho sempre di più l’impressione che sia necessario attuare davvero i principi enunciati nell’accordo, perché le pressioni commerciali, che lo scorso anno, mi spiace dirlo, hanno determinato risultati eccezionali, quest’anno stanno determinando solo una depressione diffusa, la corsa alla fruizione delle giornate di sospensione volontaria, la rassegnazione ad un continuo sentimento di inadeguatezza e un’unica luce in fondo al tunnel: lo scivolo.
Ecco, lo scivolo, lo so che nel nostro gruppo ufficialmente non è in previsione, ma vedo che un ricambio generazionale è già in iniziato, soprattutto nei ruoli apicali della rete. Solo che l’età media dei colleghi che ricoprono tali ruoli è piuttosto alta, e allora come li ricollochiamo? Perdonatemi, capisco che gli spazi in sede non siano infiniti, capisco che si ha sempre di più la necessità di essere commerciali, capisco che si sopravvive anche in ruoli meno “prestigiosi”, ma non capisco come e soprattutto dove possiamo riallocare tutti questi colleghi dandogli motivazioni e stimoli…
Se poi ci mettiamo anche che il modello è un cantiere aperto da più di un anno le cose si complicano ulteriormente; che qualcuno mi chiarisca davvero alcune scelte! La revisione dei portafogli determina sempre più la sensazione che il timone sia lasciato in balia delle correnti, non ci sono logiche condivise, ma solo comunicate, spesso anche con difficoltà di argomentazione. Da un anno a questa parte si sono dispensate promesse esplicite nell’ottica di motivare comportamenti volti al risultato, ma al momento di chiudere, gli spazi si sono fatti stretti e purtroppo le delusioni non sono mancate. La nostra azienda grande e ricca di opportunità sembra essere prigioniera dei limiti di aree microscopiche in cui i colleghi sono costretti ad essere collocati dove si può, senza troppi ragionamenti, anche perché il tempo per i colloqui è sempre troppo poco, e conoscerli tutti, almeno un po’, sempre più difficile.
E poi troppi nodi sono ancora da sciogliere, i soliti, gli esperti mutui ci sono e se tutte le filiali ne sentono la necessità, forse è ora di metterci mano. I sopravvissuti dello small business, con portafogli enormi, perché per loro, l’ultima revisione è stato il colpo di grazia, a livello professionale, di dignità lavorativa, e di comprensione e condivisione delle scelte aziendali. Ma anche loro, come gli esperti mutui, formalmente non esistono. Solo che i clienti e i loro bisogni, della forma e del modello non sanno che farsene e le filiali, nonostante tutto, devono lavorare.
La flexi è ormai da troppo tempo attaccata al respiratore, con accanimento terapeutico, insomma anche se scomoda una decisione è necessaria!
E infine il metodo, il mio pallino. Lo so che è necessario, lo so che sono le persone a fare le pressioni e non il metodo, ma siamo proprio proprio sicuri che non siano uno la conseguenza dell’altro? Credo che l’organizzazione sia necessaria, ma credo che per poterla attuare siano necessari alcuni strumenti e che la tanto auspicata formazione dei responsabili sia imperativa. E credo infine che se le priorità cambiano di giorno in giorno significa che il significato di priorità si è perso nel percorso e sarà che l’età avanza, ma sento davvero la necessità di organizzare il lavoro con tempi e modi condivisi e praticabili, e che restino tali almeno per un paio di giorni…
venerdì 8 aprile 2016 - Francesco Mesiano, Organizzazione del Lavoro -
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Buongiorno Vincenzo,
l’accordo sulle “politiche commerciali e clima aziendale” dello scorso 7 ottobre è un punto di partenza, non di arrivo. Risolutivo in senso assoluto? No di certo, ma straordinariamente importante per innescare un percorso.
Le minacce DEVONO essere segnalate, è assolutamente prioritario che ognuno di noi utilizzi gli strumenti a disposizione, dalla casella mail al quotidinano lavoro dei rappresentanti sindacali. Credo che siano necessari coraggio e impegno, e se faccio parte della Fisac CGIL è perchè li vedo nel nostro lavoro.
Vincenzo sono davvero a tua disposizione per approfondire la tua situazione, anche in via privata, la mia mail è in calce all’articolo.
Nel frattempo godiamoci il week end…
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Buongiorno Vincenzo,
l’accordo sulle “politiche commerciali e clima aziendale” dello scorso 7 ottobre è un punto di partenza, non di arrivo. Risolutivo in senso assoluto? No di certo, ma straordinariamente importante per innescare un percorso.
Le minacce DEVONO essere segnalate, è assolutamente prioritario che ognuno di noi utilizzi gli strumenti a disposizione, dalla casella mail al quotidinano lavoro dei rappresentanti sindacali. Credo che siano necessari coraggio e impegno, e se faccio parte della Fisac CGIL è perchè li vedo nel nostro lavoro.
Vincenzo sono davvero a tua disposizione per approfondire la tua situazione, anche in via privata, la mia mail è in calce all’articolo.
Nel frattempo godiamoci il week end…
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Mi sono dimesso dal sindacato dopo la firma dell’inutile accordo firmato lo scorso ottobre. Era prevedibile che le pressioni invece di diminuire sarebbero aumentate: basta leggere i vs quotidiani volantini per capire che c’è un malessere diffuso, anche fisico oltre che psicologico. Lavoro da 36 anni nel gruppo e non vedo l’ora di andare in pensione. Non se ne può più. solo che , poichè il singolo lavoratore è continuamente oggetto di minacce( velate e non)sarebbe ora che qualcun’altro lo difendesse. (forse il sindacato?!).Quello che voglio dire è che ci vorrebbe un sindacato che facesse il sindacato, anche se al passo con i nuovi tempi. Speriamo, sono sempre stato iscritto al sindacato e vorrei reiscrivermi.