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Risultati della valutazione del rischio da esposizione a Videoterminale

rls1Videoterminalista: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale per venti ore settimanali.

Svolgimento quotidiano del lavoro: Il lavoratore ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale. In assenza di una disposizione contrattuale il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

Sorveglianza sanitaria: il lavoratore che viene riconosciuto come VDT, ha diritto alla sorveglianza sanitaria ogni 5 anni fino a 50 anni di età, ed ogni 2 anni oltre i 50 anni.

Partendo da questo presupposto, nell’ultima riunione dello scorso 4 marzo 2016, l’azienda ci ha comunicato che, a seguito della prescrizione fattagli pervenire dall’ASL Torino 3 riguardante un esposto da noi presentato, dovrà integrare la valutazione del rischio inerente l’utilizzo di videoterminali nelle filiali di Intesa Sanpaolo, in particolare per quanto riguarda l’individuazione dei lavoratori che rientrano nella definizione dell’art. 173 del Testo Unico (D.Lgs. 81/2008).

Facciamo una breve cronistoria di ciò che è accaduto nel corso di questi ultimi due anni.

L’annosa situazione riguardante il riconoscimento dei videoterminalisti nelle filiali è storia vecchia, tant’è che già diversi anni fa, erano state presentate delle valutazioni che discordavano rispetto a quelle ufficiali aziendali.

Dopo la nostra elezione a RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza), abbiamo cercato di portare avanti quelle valutazioni, partendo da due presupposti fondamentali:

  • Nei servizi centrali le rilevazioni erano frutto di autocertificazione, compilato dai responsabili dei singoli uffici, i quali dichiaravano che i lavoratori erano da considerarsi Videoterminalisti, in quanto svolgevano attività al VDT per più di 20 ore settimanali;
  • Nelle filiali le rilevazioni erano realizzate utilizzando il metodo del Work Sampling, una tecnica basata su osservazioni istantanee ( che prevede dei controlli costanti ad intervalli irregolari), al fine di stabilire se in quel preciso momento l’addetto era o meno da considerare al videoterminale.

I risultati riconoscevano la figura del videoterminalista solo nell’ambito dei servizi centrali (e non per tutti gli addetti), mentre nelle filiali non veniva in alcun modo rilevata.

 

rls3Tenendo conto inoltre che nel corso degli anni, il continuo aggiornamento dei metodi di lavoro e delle procedure, ha portato i lavoratori ad un uso sempre più considerevole del videoterminale (formazione on-line, e-catalog, Intesap, ABC per fissare gli appuntamenti, ecc…), abbiamo ritenuto di dover richiedere un aggiornamento della valutazione dei videoterminalisti.

Le azioni elementari considerate al fine del computo del tempo di utilizzo del VDT, sono riportate nella tabella sottoriportata.

Abbiamo così fissato con l’azienda tutta una serie di riunioni dedicate, al fine di addivenire ad una nuova rilevazione di “work sampling”, che si è svolta nel periodo compreso tra maggio e luglio 2014, e che ha dato come risultato finale, l’ennesimo mancato riconoscimento della figura di VDT, in quanto nelle filiali, il tempo massimo di adibizione a VDT non era mai comunque superiore alle 16 ore settimanali , per nessuna figura riconosciuta (assistente alla clientela 16,60 h/s, gestore 16,45 h/s e direttore/coordinatore 14,40 h/s).

Ritenendo non sufficienti i risultati dell’indagine, sia per l’esiguità delle filiali prese a campione, che soprattutto per l’enorme differenza rispetto al percepito dei colleghi che ogni giorno seguiamo nelle filiali, abbiamo deciso di presentare noi un questionario creato ad hoc, attraverso il quale i colleghi potevano esprimere in maniera chiara, quello che fino ad allora era solo “il percepito”.

Il questionario, naturalmente anonimo, presentava una serie di domande strutturate ben precise attraverso le quali al lavoratore veniva chiesto di riferire le attività che svolgeva e la percentuale di tempo impiegato per ciascuna di esse, con riferimento alla settimana lavorativa.

Così, nel periodo tra il 27 gennaio e il 25 febbraio del 2015, siamo andati in diverse filiali della provincia di Torino, presentando a tutti i colleghi il nostro questionario e chiedendo loro di aiutarci a compilarlo.

Abbiamo così recuperato 162 questionari (su 252 dipendenti, pari al 64,7%), dal quale si evinceva in modo chiaro che il percepito dei colleghi portava a risultati completamente diversi rispetto all’indagine condotta dall’azienda, in quanto, sempre secondo i colleghi intervistati, il tempo di adibizione al VDT superava abbondantemente l’80% del tempo lavoro settimanale.

Alla luce di queste divergenti valutazioni, abbiamo preso la decisione di appoggiarci all’ASL 3 di Rivoli, per esporre i risultati della nostra indagine, presentando un esposto in data 24 marzo 2015 al fine di far verificare ad una parte terza la reale situazione delle filiali.

A seguito di ciò, con l’intervento anche dell’ASL Torino 1, chiamata a dare un giudizio di merito sulla situazione, attraverso un incarico ricevuto direttamente dalla Procura della Repubblica di Torino, si è arrivati ad una relazione che di fatto evidenziava alcune criticità emerse nella valutazione del rischio di esposizione a videoterminali svolto da Intesa Sanpaolo.

notebook keine zeit verlierenVeniva evidenziato, tra le altre cose:

  • Il metodo “Work Sampling”, sebbene riconosciuto nella comunità scientifica fra gli strumenti utilizzabili al fine di individuare le categorie di lavoratori che utilizzano il VDT per almeno 20 ore settimanali, non tiene conto di possibili picchi di attività o della variabilità dei compiti nell’arco dell’intera settimana lavorativa; ha quindi valore statistico ma non deterministico;
  • I presupposti alla base della scelta del metodo “Work Sampling” precisati dall’azienda (standardizzazione nella Rete di sistemi informativi, procedure operative, criteri di dimensionamento e mansioni), non sono sempre validi, in particolare per ciò che riguarda le procedure operative, la dimensione delle filiali e l’organizzazione del lavoro;
  • Nell’elenco delle azioni elementari, non vengono considerate alcune azioni, come il colloquio con il cliente qualora esso presuppone la visione, anche temporanea o alternata, del monitor, che di fatto determina una sottostima delle ore adibite a VDT.

Alla luce di queste evidenze risulta difficile generalizzare i risultati ottenuti in una certa giornata e di conseguenza il metodo perde di validità e permette di ottenere solamente un tempo medio, mentre la definizione dell’art. 173 del T.U., NON considera il tempo medio di svolgimento dell’attività ai VDT di gruppi di lavoratori, bensì l’utilizzo dell’attrezzatura munita di VDT da parte del singolo lavoratore, in modo sistematico ed abituale, per venti ore settimanali.

Pertanto il metodo non consente di valutare adeguatamente per ciascun lavoratore il tempo di lavoro al videoterminale, in modo da stabilire con certezza se lo stesso rientra o meno nella definizione di videoterminalista.

Vi terremo aggiornati sull’evolversi della situazione e sugli sviluppi che riguardano l’aggiornamento della valutazione del rischio inerente l’utilizzo del videoterminale.

 

Per qualunque informazione e/o approfondimento riguardante la salute e la sicurezza sul lavoro potete contattarci direttamente alle nostre mail:

LENTINI Orlando orlando.lentini@intesasanpaolo.com

MOSCHETTI Marziella marziella.moschetti@intesasanpaolo.com

PAPPAIANNI Roberto roberto.pappaianni@intesasanpaolo.com

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venerdì 8 aprile 2016 - RLS -
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