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Diverso da chi?

Enrico è stato assunto ormai nel lontano 2000, nell’allora Banca Diretta, oggi Filiale on Line. La banca per lui in quegli anni era tutta lì, un enorme salone in cui convivevano più di cento neo assunti, tutti sotto i 30 anni, che facevano per lo più operazioni in titoli. E tutto il resto? Beh il resto era diverso da loro, il bancario classico era così lontano dal loro mondo, lavorava in modo diverso, in strutture diverse, con bisogni e percorsi diversi e si vestiva anche in modo diverso, insomma altra cosa, punto.

Roberta, invece dopo qualche anno dopo è stata trasferita in una struttura di sede centrale, in sede, anzi in Piazza San Carlo, LA SEDE. E sapete cosa è successo? Ha iniziato a sentirsi parte di un mondo lavorativo diverso da quello che aveva vissuto fino a qualche tempo prima. E allora la banca per lei era diventata un mondo di specialisti che prendono grandi decisioni e che fanno scelte che impattano su molti colleghi. E tutto il resto? Beh il resto era diverso da loro, il bancario classico era così lontano dal loro mondo, lavorava in modo diverso, in strutture diverse, con bisogni e percorsi diversi e si vestiva anche in modo diverso, insomma altra cosa, punto.

E Gianni? A un certo punto dopo qualche anno in sede è andato a lavorare in filiale, a fare il gestore, e indovinate un po’? Ha iniziato a sentirsi parte di un mondo in cui lavori per e con i clienti, in cui l’organizzazione e il lavoro di squadra è indispensabile, in cui la programmazione è più complicata, perché la filiale è aperta al pubblico. E tutto il resto? Beh il resto era diverso da loro, gli altri bancari erano così lontani dal loro mondo, lavoravano in modo diverso, in strutture diverse, con bisogni e percorsi diversi e vestivano anche in modo diverso, insomma altra cosa, punto.

Poi in filiale ci hanno diviso. Colleghi che si occupano solo di imprese, colleghi che devono solo servire clienti “ricchi” e colleghi che devono servire tutti, purché non abbiano troppi soldi mentre se ne hanno molto pochi possono andare in una tabaccheria.

E poi ho conosciuto dei colleghi che lavorano in Banca Prossima. Loro servono solo i clienti no-profit ma non li distinguono tra ricchi e poveri, grandi e piccoli e non hanno filiali dove servirli ma devono andare in giro o far fare chilometri ai clienti. Credevo che sapessero fare tutto ma qualcuno di loro mi dice che non hanno ricevuto una formazione e devono imparare giorno dopo giorno tra colleghi che sovente ne sanno come loro e che, quando si trovano in una filiale Intesa-Sanpaolo qualcuno gli dice che sono in un’altra banca…

E poi non dobbiamo dimenticarci dei colleghi informatici, tecnici, agenti immobiliari eccetera.

Schizofrenia, ma allora chi è il bancario?

E adesso dal 1° febbraio con il Protocollo per lo sviluppo sostenibile arriveranno in mezzo a noi i colleghi assunti con contratto a causale mista, che non conosciamo ancora, ma siamo già certi saranno diversi da noi, così lontani dal nostro mondo, con bisogni diversi, anzi addirittura pericolosi, insomma altra cosa, punto.

Sapete che cos’è l’area contrattuale? È quella cosa di cui ci ricordiamo solo quando dobbiamo rinnovare il contratto nazionale. Quel “cappello” così importante perché permette a tanti diversi di avere lo stesso contratto, perché siamo tutti bancari e giammai permetteremo che qualcuno resti fuori!

Credo che prendere per partito preso che non siamo interessati a questi barbari che vengono da noi per portarci via il lavoro le donne e le case sia vecchio e stantio, siamo tutti presi a credere che basti mettersi di traverso al cambiamento per evitarlo, invece di pensare a come gestirlo al meglio, perché il cambiamento è qualcosa di inevitabile, e chiunque pensi che sia possibile sopravvivere al cambiamento chiuso nel carapace del noto e del consueto, non si accorge che il diverso è lui perché è rimasto da solo in quel carapace.

E vogliamo concludere con le riflessioni di Barbara, che ci racconta di aver letto ed ascoltato con molta attenzione la discussione e il dibattito che si è acceso attorno all’accordo “per lo sviluppo sostenibile”.

Siccome non è fra i fortunati che possono scrivere “sono stato assunto nel lontano 2000”, (ma abbastanza prima, in realtà) ricorda le accese discussioni sul passaggio da Istituto di Diritto pubblico a Spa o le assemblee infuocate tema: Fusione per incorporazione…

“All’apparenza insignificanti paroline, -ci racconta – la variazione della Persona giuridica e/o dello Scopo Sociale dell’Azienda che, per me e per migliaia di altri colleghi, si sono materializzare in altre due magiche paroline: Pressioni Commerciali. Queste sì hanno impattato significativamente sulla nostra vita lavorativa.

Eppure se mi fermo a riflettere mi rendo conto che non posso catalogare tutte queste scelte come “capricci di qualche magnate con manie di grandezza”. Più verosimilmente è lotta per la sopravvivenza.

Gli esiti delle trasformazioni importanti non sono mai positivi a priori, la certezza del successo e la tranquillità di aver fatto la cosa giusta non ce l’ha mai nessuno. Tutti i cambiamenti comportano la rottura di un equilibrio che con tanto lavoro e grande fatica si è conquistato, ma la natura dell’equilibrio è giusto questo: fatica immane per non cadere.

Sono sinceramente convinta che il compito del sindacato, del nostro sindacato, sia quello di avere prima di tutto consapevolezza delle trasformazioni e di ricercare, con “immane fatica” una nuova situazione di equilibrio.

Non posso sapere se l’accordo che ha introdotto in via sperimentale il contratto Ibrido sia un buon accordo. So che potrà essere foriero di cambiamenti radicali nel mondo del lavoro ed è quindi indispensabile la presenza del sindacato come indispensabile è cominciare a ragionare sulla tutela di lavori e lavoratori sino ad oggi non contemplati nella sfera di competenza sindacale.”


giovedì 2 marzo 2017 - Organizzazione del Lavoro, Redazione -
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