La sostenibile concretezza dello sviluppo
Il 1° febbraio di quest’anno è stato firmato il Protocollo per lo sviluppo sostenibile del gruppo Intesa Sanpaolo tra Azienda e Organizzazioni sindacali.
Il Protocollo affronta tutta una serie di tematiche: dalla flessibilità passando per l’elasticità di orario per finire all’intervallo meridiano, il part-time per il personale affetto da gravi patologie e per i colleghi over 60, l’utilizzo della Banca del Tempo per iniziative di volontariato in favore dei colleghi e dei loro familiari, iniziative di ascolto strutturato, il lavoro flessibile, la mobilità territoriale e professionale, il part time al pensionamento, gli incentivi per il pensionamento. Queste tematiche sono intrecciate fra loro sotto il filo della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di azioni positive per lo sviluppo sostenibile del Gruppo.
Tanto è stato detto su questa parte del Protocollo, una parte sicuramente necessaria per affrontare concretamente il tema dell’invecchiamento attivo nei posti di lavoro: apprezzabile e necessario il tentativo di fornire degli strumenti di conciliazione – comunque la si voglia intendere – quanto di difficile applicazione, almeno per quanto riguarda il mondo delle filiali.
Colleghi di filiale che si barcamenano tra portafogli scoperti, procedure che puntualmente non funzionano, mancate sostituzioni di maternità, filiali con orario esteso senza personale che possa turnare, lynch e riunioni come se non ci fosse un domani, senza dimenticare i monitoraggi ossessivi dei risultati, i budget irraggiungibili, le priorità delle priorità, i focus trimestrali, mensili, giornalieri e… continuate voi…
Ma non è di questo che vi voglio parlare: con voi voglio analizzare quella parte del Protocollo che affronta il tema delle politiche attive per l’occupazione. La parte che rappresenta per noi una novità assoluta, che genera curiosità ma anche paura e preoccupazione e per questo merita di essere analizzata con puntualità, fornendo le necessarie e dovute risposte.
Partiamo da un presupposto fondamentale: in base alla nostra legislazione, le imprese possono assumere quanto personale ritengono e possono farlo nella forma che preferiscono (contratti a tempo indeterminato, contratti a tempo determinato, contratti di apprendistato, contratti di inserimento, stage, e decidere, in un’azienda di credito, se assumere dei lavoratori dipendenti oppure dei promotori).
Il gruppo Intesa Sanpaolo questo già lo fa, da anni: basti pensare alle 1.000 assunzioni a tempo indeterminato del 2016 (in DSI, FOL, strutture di sede centrale) e ai circa 5.000 promotori finanziari di Fideuram.
In questo Protocollo si parla di 100 nuove assunzioni “classiche” (possiamo chiamarle così?), incrementabili a 150 nel caso di raggiungimento di 1.000 uscite per pensionamento, con particolare attenzione al Mezzogiorno e alle aree più svantaggiate del Paese. Inoltre, sono previste ulteriori assunzioni in misura pari alla riduzione di orario conseguente alle richieste di part-time agevolato.
Fino a qui tutto nella norma, anzi: nel Protocollo abbiamo incentivato quei colleghi che hanno già maturato (o che matureranno entro il 2018) il diritto a pensione e, nello stesso tempo, fatto scrivere nero su bianco all’Azienda che avrebbe fatto delle assunzioni (ripeto, fatto quest’ultimo assolutamente non dovuto).
Cosa abbiamo portato a casa a differenza del mondo là fuori? Che nessuno venisse licenziato (perché, ricordiamocelo bene, gli scivoli, gli esodi e i prepensionamenti o come li si voglia chiamare sono dei licenziamenti, sono una vera riduzione anticipata dei posti di lavoro) e che qualcuno venisse assunto.
Ma veniamo alla parte della sperimentazione sulle nuove modalità di assunzione: l’Azienda, con l’obiettivo di acquisire nuova clientela e nuove masse gestite, procederà anche ad assunzioni di nuovo personale già iscritto all’Albo dei promotori finanziari.
A differenza dei promotori assunti in Fideuram (così come in qualsiasi altra Banca o Società finanziaria), queste assunzioni verranno effettuate con contratto a tempo indeterminato part-time di tipo verticale, e per la parte rimanente con contratto di lavoro autonomo della durata di due anni come consulente finanziario.
Questo è quello che voleva fare l’Azienda (e questo è quello che avrebbe potuto fare la banca in assoluta autonomia), ma quello che come Organizzazioni sindacali abbiamo ottenuto (e questo sicuramente non era previsto da alcuna leggo o contratto) è stata l’estensione, per la parte di lavoro autonomo, di importanti tutele per le assenze in caso di maternità, malattia e infortunio e soprattutto ottenere dall’Azienda che, al termine del mandato di consulente finanziario, il nuovo collega possa richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da part-time a full time (e avere, se lo desidera, un contratto “classico” come il mio e come il vostro).
Questa fase di sperimentazione si concluderà entro il 31 dicembre 2018 e potranno essere assunte con questa modalità al massimo 400 persone (persone che poi finalmente arriveranno nella nostra rete filiali così a corto di personale, soprattutto in alcune zone).
Questo Protocollo quindi non è che permette le assunzioni a causale mista (lavoro dipendente e lavoro autonomo), ma le limita e le regola garantendo a discrezione del nuovo assunto (e non dell’Azienda) la trasformazione del suo contratto da lavoratore autonomo in contratto full time dipendente.
Questo tipo di assunzione è permesso dalla Legge e dal nostro tanto amato, ma forse poco conosciuto, Contratto Nazionale: questo Protocollo rappresenta secondo me la stabilizzazione del lavoro autonomo, così fortemente voluta e cercata (spesso in solitaria) dalla Cgil.
Qualcuno invece ha voluto vederci il contrario, ovvero la precarizzazione del lavoro da dipendente. Vediamo perché e soprattutto vediamo come smentire questo aspetto: sempre in via sperimentale e volontaria, analoga possibilità (stiamo parlando sempre del contratto “misto”) sarà offerta anche al personale, già iscritto all’Albo Promotori, che maturi i requisiti pensionistici entro il 2020. Potranno avanzare la medesima richiesta anche i gestori personal abilitati all’offerta fuori sede eventualmente interessati alle nuove modalità di lavoro, con garanzia di rientro automatico al termine del biennio salvo loro diversa richiesta. Nella fase di sperimentazione potranno essere accolte fino a un massimo di 150 richieste su territorio nazionale.
Quindi sarà una sperimentazione vera (e lo si capisce dai numeri bassissimi) e soprattutto assolutamente volontaria: in nessun modo e in nessuna misura è, né mai sarà possibile la trasformazione coatta di un rapporto di lavoro da dipendente ad autonomo.
I colleghi già in servizio che vorranno provarci (i pochissimi per ora che potranno, sono pronta a scommettere che dai nostri giovani personal arriveranno più richieste rispetto ai numeri previsti dalla sperimentazione) potranno farlo, con tutte le garanzie previste dal Protocollo.
Se nessun personal vorrà provarci, allora semplicemente non ci sarà alcuna sperimentazione. Per contro, se vorranno provarci in più di 150, qualche collega dovrà necessariamente essere escluso perché il numero massimo sarà comunque di 150.
E se in qualche modo invece la sperimentazione funzionerà, allora si potrà pensare di ampliare questi numeri, ma una certezza rimane: nessuno che abbia un rapporto da lavoratore dipendente, mai in nessun modo potrà essere costretto a questa forma di lavoro, perché la trasformazione del rapporto di lavoro è vietata dalla Legge se non su base individuale e volontaria, e questo a prescindere da qualsiasi accordo.
Articolo di Claudia Stoppato
claudia.stoppato@gmail.com
giovedì 2 marzo 2017 - Claudia Stoppato, Organizzazione del Lavoro -
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Ciao Maurizio,
partiamo nello specifico dall’accordo di febbraio per poi provare a fare un ragionamento più ampio sul Contratto nazionale e sull’area contrattuale.
Il Protocollo prevede, alla scadenza del primo biennio, che il dipendente assunto con contratto a causale mista possa richiedere la trasformazione a tempo pieno del rapporto di lavoro attivato come part-time, con conseguente cessazione del contratto di lavoro autonomo.
L’azienda, come da te correttamente indicato, ha 9 mesi di tempo per formulare una proposta di posizione professionale in un ambito geografico all’interno della regione di assunzione o in regioni ad essa limitrofe.
Questo però vale sempre per tutti, anche in caso di nuove assunzioni: mi ricordo che, quando sono stata assunta nel 2008, dei compagni di corso avevano ricevuto come prima assegnazione città decisamente lontane da Torino (mi viene ad esempio in mente l’alta Valle di Susa).
Nei 9 mesi che passeranno, non solo l’azienda avrà modo di formulare una proposta al collega, ma anche noi come organizzazioni sindacali avremo 9 mesi di tempo per fare il nostro lavoro, che è quello di tutelare i colleghi e cercare delle soluzioni condivise, quando possibile, con i gestori del personale.
E non possiamo neanche dimenticare o omettere quella che era, all’inizio, la posizione dell’azienda su questo argomento. Ovvero che, al termine dei due anni di assunzione del collega con contratto a causale mista (2 giorni part-time lavoratore dipendente + 3 giorni lavoratore con contratto di lavoro autonomo), sarebbe stata facoltà esclusiva dell’azienda decidere di interrompere il rapporto di lavoro autonomo, lasciando quindi il collega in questione con un contratto da lavoratore dipendente per soli 2 giorni la settimana.
Forse chiedendo a quelli che, fra un po’, saranno dei nostri nuovi colleghi e che magari adesso sono senza un lavoro, forse non disprezzeranno troppo questa ulteriore possibilità offerta.
Per quanto riguarda invece il nostro CCNL, io davvero in questo Protocollo legge proprio l’opposto dello smantellamento dell’area contrattuale: l’idea di un contratto unico per il nostro settore (opposto quindi rispetto a quello che tu chiami smantellamento dei contratti collettivi) è nata al Forum Fisac di Assisi nel lontano 2015. La nostra convinzione è proprio quella di lavorare sugli inquadramenti, sulle partite IVA, sull’armonizzazione di tutti i diversi contratti per arrivare a delle soluzioni migliorative per tutti.
Per noi, che come lavoratori bancari ci siamo già dentro, ma anche per chi ora come ora dentro la nostra area contrattuale non c’è (penso, ad esempio, ai lavoratori con partita IVA piuttosto che i promotori finanziari).
In una fase sicuramente complicata come questa, soprattutto per le trasformazioni velocissime che stanno intervenendo nel nostro settore, l’ipotesi di consolidare un contratto unico e più ampio che cerchi di tenere insieme tutte le molteplici e diversificate forme contrattuali e professionali presenti nel settore mi sembra un’idea molto lungimirante e che va nella direzione giusta.
Ogni opinione è sicuramente legittima e sono comunque sempre contenta di poter fare delle discussioni che ritengo comunque sempre costruttive.
Buona domenica Maurizio!
Claudia
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Ciao Maurizio,
partiamo nello specifico dall’accordo di febbraio per poi provare a fare un ragionamento più ampio sul Contratto nazionale e sull’area contrattuale.
Il Protocollo prevede, alla scadenza del primo biennio, che il dipendente assunto con contratto a causale mista possa richiedere la trasformazione a tempo pieno del rapporto di lavoro attivato come part-time, con conseguente cessazione del contratto di lavoro autonomo.
L’azienda, come da te correttamente indicato, ha 9 mesi di tempo per formulare una proposta di posizione professionale in un ambito geografico all’interno della regione di assunzione o in regioni ad essa limitrofe.
Questo però vale sempre per tutti, anche in caso di nuove assunzioni: mi ricordo che, quando sono stata assunta nel 2008, dei compagni di corso avevano ricevuto come prima assegnazione città decisamente lontane da Torino (mi viene ad esempio in mente l’alta Valle di Susa).
Nei 9 mesi che passeranno, non solo l’azienda avrà modo di formulare una proposta al collega, ma anche noi come organizzazioni sindacali avremo 9 mesi di tempo per fare il nostro lavoro, che è quello di tutelare i colleghi e cercare delle soluzioni condivise, quando possibile, con i gestori del personale.
E non possiamo neanche dimenticare o omettere quella che era, all’inizio, la posizione dell’azienda su questo argomento. Ovvero che, al termine dei due anni di assunzione del collega con contratto a causale mista (2 giorni part-time lavoratore dipendente + 3 giorni lavoratore con contratto di lavoro autonomo), sarebbe stata facoltà esclusiva dell’azienda decidere di interrompere il rapporto di lavoro autonomo, lasciando quindi il collega in questione con un contratto da lavoratore dipendente per soli 2 giorni la settimana.
Forse chiedendo a quelli che, fra un po’, saranno dei nostri nuovi colleghi e che magari adesso sono senza un lavoro, forse non disprezzeranno troppo questa ulteriore possibilità offerta.
Per quanto riguarda invece il nostro CCNL, io davvero in questo Protocollo legge proprio l’opposto dello smantellamento dell’area contrattuale: l’idea di un contratto unico per il nostro settore (opposto quindi rispetto a quello che tu chiami smantellamento dei contratti collettivi) è nata al Forum Fisac di Assisi nel lontano 2015. La nostra convinzione è proprio quella di lavorare sugli inquadramenti, sulle partite IVA, sull’armonizzazione di tutti i diversi contratti per arrivare a delle soluzioni migliorative per tutti.
Per noi, che come lavoratori bancari ci siamo già dentro, ma anche per chi ora come ora dentro la nostra area contrattuale non c’è (penso, ad esempio, ai lavoratori con partita IVA piuttosto che i promotori finanziari).
In una fase sicuramente complicata come questa, soprattutto per le trasformazioni velocissime che stanno intervenendo nel nostro settore, l’ipotesi di consolidare un contratto unico e più ampio che cerchi di tenere insieme tutte le molteplici e diversificate forme contrattuali e professionali presenti nel settore mi sembra un’idea molto lungimirante e che va nella direzione giusta.
Ogni opinione è sicuramente legittima e sono comunque sempre contenta di poter fare delle discussioni che ritengo comunque sempre costruttive.
Buona domenica Maurizio!
Claudia
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Tralascio la parte relativa alle uscite incentivate e ai part time al pensionamento, in quanto ritengo che potranno interessare una parte veramente irrisoria di colleghi. La parte relativa alle nuove assunzioni a causale mista , mi sembra degna di almeno un’osservazione. Non viene infatti riportato, dalla collega Stoppato che,al termine della così detta sperimentazione, il lavoratore può sì chiedere di passare a contratto di full time, ma che “l’azienda propone entro 9 mesi una posizione professionale ed un ambito geografico all’interno della regione di assunzione, ovvero in regioni ad essa limitrofe , coerenti con le esigenze tecniche, organizzative e produttive aziendali per assecondare tale richiesta” (citaz. da testo accordo1/2/17). In parole semplici, l’azienda può decidere in maniera totalmente arbitraria dove collocare il lavoratore in un raggio geografico che può svariare anche di centinaia di chilometri. Si delinea pertanto il rischio più che conclamato, di una forma di ricatto dea parte aziendale. O il lavoratore che vuole trasformare il suo contratto in full time accetta le condizioni dell’azienda oppure rimane a causale mista. E’ palese lo strapotere aziendale non bilanciato da alcuna tutela a favore del lavoratore. A parer mio, la clausola giusta avrebbe dovuto essere che, al termine del biennio di sperimentazione, l’azienda avesse l’obbligo di assumere a full time il lavoratore senza ricollocazioni geografiche di alcun tipo, lasciando al lavoratore stesso la scelta se continuare o meno il rapporto di lavoro a causale mista. Nel modo previsto dall’accordo, inoltre, si introduce un precedente molto pericoloso di contratto misto nel maggior gruppo italiano, e questo sicuramente avrà ripercussioni in sede di rinnovo di CCNL. Ricordo a tutti che le politiche ultime del lavoro, tendono allo smantellamento dei Contratti Collettivi e che ABI non si è certo tirata indietro da tale intento, soprattutto durante le trattive per il rinnovo dell’ultimo CCNL. Concludendo, ritengo questo accordo e soprattutto da questo punto di vista, estremamente negativo, in quanto lascia totalmente alla discrezionalità aziendale, la decisione sulla vita dei lavoratori. Quindi una grande sconfitta soprattutto politica prima ancora che di risultati.