Straordinariamente ordinario
Potremmo iniziare ricordando che quasi un anno fa l’azienda ha pubblicato una circolare sulle prestazioni oltre l’orario dei colleghi inquadrati fino a 3A 4L che si riassume in: se non avete la doppia autorizzazione preventiva, dalla direzione di filiale e dall’area, le vostre prestazioni oltre l’orario non vengono riconosciute in alcun modo, e quindi né versate in banca ore, né retribuite. Punto. Molto chiaro.
Contenimento dei costi. Ragionamento teoricamente ineccepibile: l’azienda autorizza lo straordinario solo dove si presenta un’emergenza o un’urgenza non procastinabile (esempio classico l’mta aperto che va quadrato e rimesso in servizio…) Implicitamente l’azienda ci faceva anche intendere che esistevano volumi di straordinario effettuati (nella rete e nelle sedi) non esattamente indispensabili, e che era arrivato il momento di comprimerli decisamente.
Peccato che rapidamente ci siamo accorti che la presenza dei colleghi sul lavoro oltre il loro orario non calava in modo proporzionale alle mancate autorizzazioni. Noi sindacalisti abbiamo spiegato ai colleghi, in assemblea e nelle conversazioni personali, che il volontariato è attività lodevole, ma andrebbe preferibilmente svolto fuori dal proprio posto di lavoro. Naturalmente abbiamo segnalato all’azienda, con una certa vivacità ed in tutte le sedi competenti, che nel concreto i dipendenti continuavano a fermarsi oltre l’orario, e i responsabili di fatto avallavano il fenomeno nel momento in cui permettevano la presenza in filiale e l’utilizzo delle procedure.
Sono seguite varie comunicazioni dell’azienda, intesa anche come area, che chiarivano ai direttori e ai colleghi l’assoluta irregolarità di una situazione del genere, nonché i rischi e le responsabilità che in tal caso ci si assume. Perché di fatto stiamo parlando di lavoro nero. In banca! Stiamo parlando di evasione dei contributi previdenziali, di assenza di tutela dal punto di vista infortunistico. Di possibili conseguenze disciplinari in caso di errori compiuti mentre si lavora senza esplicita (via mail!!) autorizzazione a farlo.
Nonostante ciò, girando per le filiali siamo in grado di rilevare che il lavoro irregolare continua alla grande! Non dovunque e non per tutti. Ma continua… e possiamo qui dipingerne alcuni istruttivi ritratti.
Intanto si evidenzia come il fenomeno sia trasversale, presente nelle filiali flexi come in quelle tradizionali. Devo dire che all’interno degli orari estesi mi ha sinceramente stupito. In questo senso: colleghi che già subiscono la turnazione, con il peso aggiuntivo che ne deriva, e che in più si fermano oltre l’orario, non me li potevo davvero immaginare! E invece…. Senza inventarmi nulla (garantisco) vi posso raccontare il caso estremo (e spererei unico!) di una flexi, dove l’interpretazione dell’orario esteso da parte del direttore, e purtroppo dei colleghi che non hanno sollevato obiezioni, si era risolta come segue: i clienti hanno il diritto di entrare fino alle 20, o alle 19,45 per la cassa, e quindi se entra qualcuno all’ultimo, noi ci dobbiamo fermare per servirlo. Il fatto che il proprio orario di lavoro finisca alle 20 e che la normativa per le flexi preveda obbligatoriamente un filtro in manuale degli ingressi, come minimo dalle 19 o prima se si ritiene necessario, filtro che ci consente di valutare l’operatività e stabilire se può essere svolta entro l’orario o deve essere rimandata su appuntamento, tutto ciò non era servito a salvarli dallo straordinario, persino in tarda serata!
Ovviamente molto più diffuso è il fenomeno in coda al turno del mattino, cioè fermarsi oltre le 16,30. Perché? Considerato che mentre l’orario di lavoro del singolo assistente o gestore finisce, rimangono in filiale altri colleghi che possono servire i clienti, dovrebbe essere più semplice di prima rispettare il proprio orario. Ma nella flexi non c’è più un momento in cui siamo chiusi, e le cose da fare e smaltire al di fuori del contatto col cliente rimangono le stesse di prima. E soprattutto se stai imparando un nuovo lavoro, o magari fai un lavoro mediamente più complesso o che implica maggiore mole di “retrosportello” (esempi non esaustivi mutui o small), e ti senti “affogare” , ti senti inadeguato, temi di assumerti rischi allucinanti perché lasci indietro qualcosa di fondamentale, temi di ottenere risultati inferiori alla media… Ovviamente non esiste che ti autorizzino, spesso non esiste nemmeno che il direttore ti chieda di fermarti, ma tu ti fermi lo stesso! E non stiamo parlando del quarto d’ora.
A volte invece il direttore non è timido, e te lo chiede proprio. In questo caso si possono ritrovare applicate diverse opzioni. Può essere utilizzato come leva un sano terrorismo, a seconda di cosa teme di più il collega: il cambio di ruolo, il trasferimento lungo, il trasferimento su una flexi, il mancato rinnovo del part time (ebbene sì, persino i part time si fermano!), qualunque minaccia non necessariamente realizzabile davvero, può funzionare con colleghi “fragili”. Oppure, può essere utilizzata la leva della compensazione: se ti fermi ti faccio recuperare, il giorno dopo, la settimana dopo. Senza considerare le irregolarità, e senza applicare le noiose rigidità sindacali, potrebbe anche funzionare… Ma evidentemente solo per casi non frequenti, e per durate non lunghe, altrimenti quando diamine si riesce mai a recuperare? Il rischio è di accumulare ore prestate, che finiranno nel dimenticatoio (anche quando il capo non ne aveva davvero intenzione).
Altro classico: le quadrature in cassa. Anche se le autorizzazioni allo straordinario per mancata quadratura sono eventi rarissimi ( a meno che non si tratti del bancomat che deve andare in servizio!), molti colleghi non se la sentono di rimandare la quadratura al giorno dopo e scelgono di fermarsi gratis. Scelgono, per l’appunto. Ma se invece la situazione è legata al fatto che (in filiali non flexi) lo smaltimento della coda ti porta a iniziare la quadratura ben oltre il previsto? Qui la soluzione potrebbe di nuovo essere rimandare la quadratura al giorno dopo ed uscire in orario, oppure, facendo un passo indietro, monitorare l’ingresso dei clienti e chiudere l’accesso prima dell’ora prevista. Ma se la cassa che sceglie di rimandare la quadratura al giorno dopo è l’unica? Chi apre cassa il giorno dopo? Certo la soluzione dipende anche dalla prontezza e dalla determinazione del direttore, che può porre all’area le alternative: autorizzare lo straordinario o avere la cassa chiusa il giorno successivo fino a completamento dei tempi di quadratura del collega.
Ovviamente se la situazione è frequente, serve un approccio diverso. A maggior ragione se a risolvere i problemi vengono lasciati due colleghi (uno che rimane per quadrare e poter aprire regolarmente il giorno dopo, e uno che aspetta per chiudere con lui il caveau e portare via le chiavi) mentre il direttore esce dalla filiale con una puntualità svizzera e senza avere ottenuto (o richiesto?) alcuna autorizzazione dello straordinario. Eh sì, succede anche questo… Occorrerebbe chiedersi quali possono essere le conseguenze, se una tale situazione viene riscontrata dalla visita di un sindacalista ( che decide di intervenire oltre l’ orario di lavoro…) e che la segnala in tempo reale in area. In tal caso l’azienda non può fingere di ignorare che i colleghi sono presenti senza autorizzazione, che le procedure sono utilizzate, che il responsabile è assente. Sarà necessario scoprire cosa accade in tal caso?
Per tornare a casi meno “estremi” possiamo ricordare l’utilizzo lavorativo della pausa pranzo (in filiali non flexi), che non poteva essere autorizzata in nessun caso, nemmeno prima della circolare restrittiva, ma che poteva invece trasformarsi, con un accordo tra collega/direttore/delegato intesap (accordo del tutto impraticabile in base alla normativa…) in straordinario caricato manualmente, come fosse effettuato in coda all’orario di lavoro. Ovviamente adesso non può trasformarsi in nulla, ma spesso continua ad esistere con le stesse motivazioni di allora: smaltire lavoro, approfittando dell’assenza di sportello. Altro tempo donato…
La questione specifica dello straordinario non autorizzato può riguardare solo i colleghi delle aree professionali, e non la platea dei quadri direttivi, a cui si applica invece la cosiddetta autogestione dell’orario di lavoro, con riferimento all’orario del punto operativo e, per quanto riguarda le flexi, con riferimento all’orario del turno assegnato. Questo non significa che il problema non esista, ma ha una connotazione diversa: il quadro non aveva e non ha un riconoscimento direttamente legato alle ore extra, ma ha sempre il diritto (per alcuni teorico, per altri pratico…) di recuperarle con l’autogestione. Cito un caso eclatante in cui è praticamente impossibile esercitare questo diritto: il responsabile flexi h12! Avete presente che nelle flexi ci sono tre turni e tre responsabili? Bene, in teoria ognuno copre un turno. In pratica, nella vita reale di una filiale esistono le ferie, le riunioni, le giornate di solidarietà, le malattie… per cui spesso accade che uno dei tre sia assente. Vi assicuro che incontrare uno dei tre che sta coprendo le dodici ore dello sportello giornaliero, o poco meno, non è impossibile. Per quanto ovvio, occorre dire che non è questa la soluzione prevista nel caso: un quadro direttivo diverso dai responsabili (preferibilmente uno small, ma può funzionare con qualunque ruolo) presente in filiale nelle ore scoperte, viene considerato responsabile momentaneo, si deve muovere esclusivamente all’interno delle proprie facoltà, se ne ha, per ogni evento che non vi rientri deve rivolgersi per autorizzazione all’area, e naturalmente non gli viene riconosciuta alcuna indennità di sostituzione. Il martirio delle dodici ore risulta quindi superfluo, oltre che sconsigliato!
Quindi, da una parte l’azienda, centralmente, non solo blocca teoricamente gli straordinari (circolare ottobre 2012), ma chiede ai dipendenti di fruire di giornate di sospensione dell’attività (4 obbligatorie nel triennio e fino a 10 volontarie nell’anno), entrambe le iniziative segni evidenti che l’azienda dà con esse la priorità a ridurre quantità e costo del lavoro prestato. Dall’altra, perifericamente, tollera nei fatti lo svolgimento di lavoro non riconosciuto, che viene quindi implicitamente considerato utile o necessario per il funzionamento delle proprie strutture. E può succedere, generando una contraddizione eclatante, che lo stesso collega che si ferma spesso senza riconoscimento, sia lo stesso che inserisce in procedura la richiesta di 10 gg di solidarietà volontaria, per i quali rinuncerebbe al 40% dello stipendio!
Allora? Il problema si risolverebbe da sé, nel caso in cui i colleghi tutti facessero propria la più banale delle considerazioni: il lavoro è un’attività riconosciuta e retribuita, se non lo è, si tratta non di lavoro, bensì di volontariato o di sfruttamento. Non siamo nella situazione di dare spazio né all’uno né all’altro. Occorre però un minimo di convinzione e fermezza per decidere di rispettare noi per primi i nostri diritti, e per richiedere al sindacato di intervenire, per obbligare anche gli altri a questo rispetto. Il sindacato può e deve farlo, a cominciare dalle enunciazioni generali di principio, agli incontri con le delegazioni aziendali ai vari livelli, nelle singole situazioni e nel concreto del quotidiano, nel confronto/scontro con i responsabili locali. Sempre, possiamo e dobbiamo intervenire. Ma, mentre agli alti livelli non abbiamo bisogno della delega specifica del singolo lavoratore coinvolto, quando ci avviciniamo alla filiale concreta e al caso concreto, la situazione è più sfumata. Per correggere i comportamenti scorretti dei direttori o delle aree, occorre citare e documentare casi concreti, le persone coinvolte devono “esporsi” in qualche misura, serve il coraggio di intaccare equilibri magari ben consolidati. Personalmente, non mi sentirei di intraprendere un’iniziativa “pesante” come un sopralluogo in filiale oltre l’orario di lavoro, che verifichi le irregolarità e le addebiti ai responsabili, e che magari coinvolga l’ispettorato del lavoro, e che è stata concordata con tutte le possibili sigle sindacali presenti in tale realtà, SE non esiste il “permesso” dei lavoratori interessati. In ogni caso, se l’utilizzo del lavoro irregolare permane e si aggrava, anche le reazioni sindacali dovranno adeguarsi: come si dice per i videogiochi, passeremo al livello successivo?
Articolo di Patrizia Pirri
patrizia.pirri@intesasanpaolo.com
.
venerdì 27 settembre 2013 - Organizzazione del Lavoro, Patrizia Pirri -
Scrivi (e leggi) qui di seguito, commenti, integrazioni, correzioni, notizie ecc. da condividere col mondo, relativamente a questo articolo.
ciao!
una domanda…
ho letto da qualche parte del ser/pec
tra le causali di permesso orario per recuperare eventuali ritardi…
o di entrata ritardata in caso di lavoro extra…
sempre per piccole porzioni di ore…
ne sai qualcosa di più?
grazie!
la situazione è proprio grave come l’hai puntualmente dipinta tu…e per le 12 ore dei responsabili quadri, accade giornalmente ad aosta, filiale flexi…tirata per i capelli!
fatto presente, è una loro libera scelta!
Pubblica commento
ciao!
una domanda…
ho letto da qualche parte del ser/pec
tra le causali di permesso orario per recuperare eventuali ritardi…
o di entrata ritardata in caso di lavoro extra…
sempre per piccole porzioni di ore…
ne sai qualcosa di più?
grazie!
la situazione è proprio grave come l’hai puntualmente dipinta tu…e per le 12 ore dei responsabili quadri, accade giornalmente ad aosta, filiale flexi…tirata per i capelli!
fatto presente, è una loro libera scelta!
Altri articoli in questa categoria: - Mario Ricca, il nostro nuovo Sindacalista “Personal” - - La sostenibile concretezza dello sviluppo - - Diverso da chi? - - Fattore Umano - - INASTRONAVECONME -
You might also like
TEMPO AL TEMPO Partiamo da ciò che dovrebbe essere: L’orario di lavoro settimanale è di norma di 37 ore e 30... | L’accordo che verrà… Con la firma dell’accordo siglato il 5 luglio scorso, relativo ai percorsi professionali in ISGS, si... | Fare e disfare… per arrivare dove? 1° dicembre 2007: entro, insieme ad altri cinque colleghi, al polo Back Office di Genova, dopo un colloquio... | GLI UNICI LIBRI CHE VEDEVAMO ERANO QUELLI CHE CI TIRAVANO PER SVEGLIARCI Che dire della formazione? Probabilmente è qualcosa di simile a un discorso di Bergoglio. Una cosa che... |
Articoli collegati che potrebbero interessarti: - Mario Ricca, il nostro nuovo Sindacalista “Personal”-- La sostenibile concretezza dello sviluppo-- Diverso da chi?-- Fattore Umano-- INASTRONAVECONME-
articolo ottimo manca solo una cosa: il ruolo del sindacato
sembra che il sindacato in IntesaSanpaolo venga da marte: di fronte a un ritorno all’800 nel clima lavorativo forse bisogna ritornare a un sindacato ottocentesco che fa dello sciopero la sua arma contrattuale, magari colpendo i sabati lavorativi che tanto interessano all’azienda…